DIVERSITA’ TRA KARATE TRADIZIONALE E MODERNO

A cura del M° Roberto De Luca (luglio 2007).

I mondi cosi detto moderno, per nostra fortuna si trova in continua evoluzione, ogni settore è volutamente coinvolto nella modernizzazione ed il karate non può e non deve esimersi da questo processo. Tale progresso ha creato però una giungla di stili, metodi e regolamenti inventando il karate tradizionale, sportivo, moderno, full contat, ligt contat, per i bambini, per gli adulti, sound karate e chissà quanto altro ancora, creati a hoc da maestri e dirigenti di varie federazioni e organizzazioni per avere una posizione consona alle proprie aspirazioni personali nell’organigramma federale da loro stessi realizzato. Il karate è karate e basta.

Fondato dal Maestro Funakoshi e tramandato dai grandi maestri del passato fondatori degli stili ancora oggi praticati, non necessita di particolari voli pindarici per essere definito e distinto a piacere.

Questo deve far riflettere e non dividere i fedelissimi praticanti, la competizione è un arco (limitatissimo peraltro) della nostra vita marziale strettamente personale, il karate, nella sua essenza, è ben altra cosa.                                                                                            

Entrando meglio nello specifico, il cosiddetto termine “ tradizionale” è stato coniato per distinguere quella particolare parte del karate trasmessaci dai capostipiti della nostra arte marziale, ma soprattutto per sottolineare che il praticante di questo nucleo è il depositario dell’arte nel più profondo aspetto filosofico e tecnico, dove tutto si tramanda tra maestro e allievo. Le tecniche sono rigorosamente eseguite come tradizioni vogliono: l’arco plantare è completamente saldo al suolo, addominali e glutei contratti per dare maggiore stabilità, la contrazione e decontrazione muscolare è fondamentale per produrre rapidità d’azione nell’esecuzione delle tecniche il tutto per avere potenza d’impatto devastante.

Il cosiddetto karate sportivo (i ballerini) è dinamico, i talloni spesso non vengono al contatto con il suolo, questo per avere maggiore reattività negli spostamenti, le tecniche sono state volutamente modificate, vedi l’uramawashi geri, moltissime tecniche del bagaglio storico non sono più usate, vedi il maegheri o tetsui ecc. il contatto al corpo è lieve mentre al viso è bandito, gli atteggiamenti degli atleti pur di vincere è approssimativo,improntato persino all’arte melodrammatica per riuscire a prevalere sull’avversario, in due parole:  è sport.

Nel circuito mondiale ci sono diverse organizzazioni le maggiori ITKF, WKF e la rinata WUKO, si contendono il primato e l’ufficialità con regole e concezioni differenti l’una dall’altra, ed a mio avviso è inutile polemizzare tra chi è il migliore, un membro della WKF non potrà mai ben figurare in un’altra organizzazione e viceversa, i requisiti per l’assegnazione del punteggio sono notevolmente differenti, pertanto la preparazione psico-fisica, tecnico tattica è ineguale.

Detto questo nella deferenza delle normative sancite dal C.I.O. (Comitato Internazionale Olimpico) del settembre 1993 nella 101° sessione di Montecarlo che stabilisce che ogni praticante di karate è libero, nel pieno rispetto delle regole e dello sport della propria organizzazione, di esercitare nella completa libertà d’autonomia tecnica la disciplina che preferisce (tradizionale o sportivo).

Terminando, a mio modesto parere il karate è uno, non esiste altro, nel pieno rispetto delle proprie idee quest’incantevole disciplina la possiamo praticare nell’agonismo, con i regolamenti e criteri a noi soddisfacenti, o possiamo esercitarlo nella sua parte migliore e più antica, nella conservazione della memoria storica, per poi tramandarlo.

Insomma facciamo karate, e bando alle chiacchiere sterili e alle diversità settarie.

 

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