A proposito di…
INVIDIA
opera di Giotto, Cappella degli Scrovegni
di Giuliana Proietti eventskarate 28 aprile 2009
L'invidia è anzitutto un sentimento doloroso, che si impone spesso contro la propria volontà e del quale è difficile liberarsi attraverso riflessioni di tipo razionale.
L'invidia comporta infatti sentimenti negativi, che sfiorano il rancore, l'odio, l'ostilità verso chi possiede qualcosa che l'invidioso non ha.
L'invidia
agisce allora come un meccanismo di difesa, come un tentativo di recuperare la
fiducia e la stima di sé stessi, attraverso la svalutazione di chi ha di più: in
termini di fortuna, di successi personali, di possibilità economiche ecc.
Per Freud
a provare questo sentimento erano soprattutto le
donne, nei
confronti degli
uomini. E' lui infatti che ha per primo teorizzato l'
'invidia del pene da parte delle
bambine, le quali si sentirebbero danneggiate dalla mancanza di questo organo
sessuale e per questo svilupperebbero nei suoi confronti una forte invidia.
Questa
invidia sarebbe per il fondatore della psicoanalisi addirittura al centro dello
sviluppo della psicologia femminile, attraverso i condizionamenti
incancellabili lasciati dall'invidia del pene nella formazione del carattere e
nello sviluppo psico-sessuale. Oggi questa teoria freudiana appare superata,
perché fin troppo 'fallocentrica',
e questo anche a seguito delle confutazioni fatte da parte delle
psicoanaliste-donne negli anni settanta, che hanno duramente contestato il
postulato teorico di
superiorità maschile che la teoria dell'invidia del pene
implicava. (Certamente una certa invidia per
le numerose libertà, anche sessuali, di cui ha goduto sempre il maschio rispetto
alla femmina c'è sempre stata nelle donne, ma per fortuna questo tipo di invidia
oggi è quasi del tutto scomparsa, date le conquiste sociali femminili avvenute
negli ultimi cinquanta anni).
Il sentimento dell'invidia è sempre stato condannato dalla società, tanto che
essa è considerata, dal punto di vista morale, un 'vizio'. L'invidioso infatti
ha il 'vizio' di svalutare le persone che percepisce come 'migliori' di sé e
spesso non si limita al pensiero o alle fantasticherie di tipo aggressivo e
distruttivo, ma cerca di danneggiare oggettivamente l'invidiato, ostacolandolo
in ogni suo progetto o iniziativa. Egli infatti è
'colpevole',
agli occhi dell'invidioso, per essere apprezzato e stimato dalla società più del
dovuto, e comunque più di quello che l'invidioso desidererebbe, anche in
confronto a sé stesso. La consapevolezza che il soggetto odiato a causa
dell'invidia non nutra alcun sentimento negativo nei confronti dell'invidioso
non migliora in quest'ultimo il rancore e l'ostilità provata.
Quasi nessuno ammette di
essere invidioso.
Pochissime
persone ne parlano apertamente, perché svelare questo sentimento è come rivelare
al mondo la parte più meschina e vulnerabile di sé stessi, cosa che non fa
piacere a nessuno, nemmeno a chi tende ad autodenigrarsi o a svalorizzarsi
continuamente. Per questo motivo è più frequente osservare e analizzare
l'invidia negli altri, piuttosto che nei propri
pensieri e comportamenti.
Esistono poi due tipi
di invidia : quella buona e quella cattiva. L'invidia buona
rappresenta comunque un sentimento doloroso, lacerante, che si prova nel vedere
qualcun altro riuscire dove e come noi vorremmo per noi stessi, ma in questo
caso non si provano sentimenti negativi di odio e rancore per l'invidiato, non
si cerca di ostacolarlo, o di togliergli ciò che possiede o ha ricevuto in
premio. L'invidia 'buona' corrisponde
all'emulazione:
un desiderio profondo di arrivare allo stesso livello dell'altro, anziché
abbandonarsi allo scoramento o alla maldicenza e alla denigrazione dell'altro
più fortunato. L'invidia positiva è dunque uno stimolo, una motivazione verso l'automiglioramento:
colmando le proprie lacune e valorizzando i propri punti di forza, si cerca di
somigliare sempre di più al modello vincente rappresentato dall'altro.
Nella
cultura americana questi comportamenti di emulazione, di invidia positiva, sono
perfettamente accettati e vi è anzi una incitazione esplicita ad identificarsi
con il vincitore. Ciò non accade nelle culture latine, dove invece chi è più
bravo o ha più fortuna non fa che umiliare gli altri, mettendo in evidenza
l'altrui insufficienza, l'altrui sfortuna, generando malumori, complessi di
inferiorità e desideri di rivalsa, anche con mezzi illeciti o illegali.
L'invidia 'cattiva' è infatti quella che non prevede e
non auspica null'altro che il male, la sfortuna e la definitiva sconfitta
dell'odiato rivale.
Psicolinea agg. Agosto 2006
Fonte: www.psicolinea.it/g_t/Invidia.htm - 42k