da Samurai 2005
Karate story
Continua la serie di interviste ai maestri sesti dan della Fikta resentati.
“Mi chiamo Paolo Angelo Novelli, sono nato a Foggia il 1° ottobre 1934 e pratico
il karate tradizionale dal 1969”.
— Un breve aneddoto durante la tua pratica. “Ricordo un simpatico episodio che
oggi, ripensandoci, mi fa sorridere. Era l’anno 1976, quando pensai di
organizzare
una grande manifestazione di karate nella mia città: Foggia. Sui manifesti, che
tappezzavano tutta la città, erano evidenziati i nomi dei maestri Roberto
Baccaro e Bruno Baleotti, invitati dal sottoscritto a un’esibizione.
Avevo curato tutto nei minimi particolari e sembrava non ci fossero intoppi. La
manifestazione doveva svolgersi presso il palazzetto dello sport adiacente al
campo
sportivo, l’ingresso era a pagamento e i biglietti, per mia fortuna, erano stati
quasi tutti venduti. Avevo dato appuntamento al custode del palazzetto per le
15,30: così mi recai lì con i maestri, per rivedere gli ultimi particolari,
visto che l’inizio della manifestazione era previsto per le ore 17,30. Trascorsa
circa un’ora, del custode non si vedeva neanche l’ombra. Non sapevo più come
giustificarne il ritardo, quando il maestro Bruno Baleotti, persa la pazienza,
borbottando la
sua indignazione decise di recarsi alla stazione per ritornarsene nella sua
Bologna. Lo implorai di avere ancora un po’ di pazienza, spiegandogli che,
avendo venduto tanti biglietti, non sapevo proprio come rimediare, ma lui era
irremovibile: voleva ripartire a tutti i costi. Mentre mi apprestavo desolato ad
accompagnarlo alla stazione mi venne un’illuminazione e mi domandai se per caso
il custode non fosse andato al ‘Zaccheria’, il vicino campo sportivo, a godersi
la partita dei diavoletti del Foggia calcio. Non dimentichiamo che erano i tempi
di capitan Pirazzini, Scala, Del Neri e Domenghini in serie A! Così feci
l’ultimo disperato tentativo
di rintracciarlo, facendo chiamare a gran voce il suo nome dallo speaker dello
stadio, mentre era in corso la partita. Ci avevo colto! Infatti lo vedemmo
arrivare, tranquillo lui, spiegando a tutti noi increduli che attratto dalle
sirene del pallone si era completamente dimenticato dell’appuntamento: avrei
voluto strangolarlo! Comunque, come dice il proverbio, tutto è bene ciò che
finisce bene: la manifestazione cominciò in perfetto orario e il palazzetto era
pieno di gente entusiasta
che applaudiva incessantemente gli atleti. Tutto andò per il meglio e alla fine
i maestri se ne tornarono a casa soddisfatti, ma il più felice di tutti ero io,
che avevo rischiato una topica colossale...”. — I momenti più importanti. “Nel
1970 ho viaggiato per lunghe ore su un vecchio accelerato Foggia-Milano, per
realizzare
il mio sogno: incontrare il grande maestro Shirai e chiedergli come fare per
praticare il vero karate e farlo conoscere agli altri. Per me è fondamentale
quello che il
maestro mi ha trasmesso e insegnato in 35 anni.
“Il 20 settembre 2003 ho festeggiato il 50° anniversario di matrimonio e il
maestro Shirai ha voluto esserci: quando mi è venuto incontro davanti alla
chiesa per darmi gli auguri, ho provato una grande emozione. Per me è stato un
onore, in un giorno che non potrò mai dimenticare! “Ci sono stati altri momenti
importanti nella
mia lunga carriera, come quando ho organizzato per cinque anni la manifestazione
Coppa città di Foggia, cui hanno sempre partecipato il maestro Shirai e altri
valenti e noti maestri quali Kase, Naito, Perlati, Baleotti, Baccaro, Fugazza,
Cannoni, Contarelli e altri ancora. Il palazzetto durante questi eventi era
sempre traboccante di pubblico entusiasta che applaudiva.
“Ricordo anche con piacere un altro momento importante, quando i miei atleti
Lidia Ciannameo e Giuseppe Melchionda hanno partecipato ai Campionati europei,
rispettivamente nel 1984 e 1985 la prima e nel 1986 il secondo. “Il momento più
emozionante? La telefonata che mi comunicava la notizia della vittoria
della medaglia d’oro a squadre e della medaglia di bronzo individuale”. — La
scelta di un’arte: perché il karate? Il momento della scelta, i risultati.
Il maestro Novelli insieme alla squadra della regione Puglia, con uno dei tanti
trofei vinti. Alla sua destra la moglie Elena Il maestro Novelli con la prima
coppa
città di Foggia. Iniziata nel 1975, è arrivata alla quinta edizione nel 1989. Il
maestro ha sempre vinto e organizzato la coppa città di Foggia, con la presenza
del maestro Hiroshi Shirai 30_32_sa 30-11-2005 11:43 Pagina 2 Karate Samurai 31
Mi chiamo Paolo Angelo Novelli, sono nato a Foggia il 1° ottobre 1934, il mio
titolo di studio è il diploma di licenza media. Ho iniziato la pratica del
karate shotokan nel 1969. Ho conseguito il 1° dan Ajka il 7 febbraio 1976, il 1°
dan Jka
il successivo 1° aprile 1976, il 6° dan Fikta il 1° gennaio 1999, la qualifica
di istruttore Aika il 27 agosto 1977 e la qualifica di maestro Fikeda il 9
ottobre
1982. La mia società è denominata As dilettantistica ippon karate shotokan
Foggia, via L. Sbano 99, tel 0881633030, cell 3471718291.
Nominato dal maestro Hiroshi Shirai, ho ricoperto l’incarico di responsabile per
la regione Puglia per lo stile shotokan della Fesika e delle successive
Federazioni
da essa provenienti dal 1972 al 1991, e dal 1981 al maggio del 1991 ho ricoperto
anche l’incarico di responsabile Isi (Istituto shotokan Italia) per le regioni
Puglia e Basilicata.
Ho ricoperto, su nomina del commissario regionale della Puglia Fik dottor
Antonio Di Rienzo, l’incarico di consigliere per il karate nell’assemblea
provinciale
del Coni di Foggia dal 1980 al 1989. Sono stato docente per i corsi di aspirante
istruttore e istruttore e per gli esami dei gradi 1°, 2° e 3° dan dello stile
shotokan per la Puglia e Basilicata; per i predetti corsi ed esami sono stato
membro delle commissioni giudicatrici.
La nomina a docente fino all’anno 1989 mi è stata conferita negli anni dai
commissari Di Rienzo, Attanasi, Di Nunno e Cavaliere. Sono stato membro della
commissione nazionale insegnanti tecnici Libertas per la disciplina del karate,
su nomina del dottor Lomanno del 15 ottobre 1997.
Inoltre il 17 maggio 1998 ho ricevuto dal comitato regionale Libertas l’incarico
di responsabile della regione Puglia per il settore karate e discipline affini
fino al 31
agosto 2001. Il 10 dicembre 2001 sono stato responsabile tecnico del settore
karate Endas (Ente nazionale democratico di azione sociale).
Molti miei allievi e molte squadre di atleti sotto la mia guida hanno ottenuto
risultati di rilievo in campo nazionale e internazionale: questo è il motivo di
soddisfazione
più grande che può avere un maestro. Nei vari Campionati italiani, Coppe
shotokan, Trofei delle regionali e Campionati assoluti quasi sempre gli atleti e
le squadre
da me dirette si sono classificati ai primi posti, come ai Campionati Europei
del 1984-1985 e 1986, brillantemente vinti dai miei ragazzi.
Ho dedicato tutta la mia attività sportiva allo sforzo di contribuire — senza
interesse personale alcuno — al conseguimento della cintura nera per centinaia
di
praticanti, così come ho contribuito alla formazione di circa 40 istruttori.
“Nel 1969 in tutta la città di Foggia c’erano solo due palestre che facevano
pesistica: una
di queste aveva inserito il karate. Vi portai mio figlio per vedere se gli
interessava praticarlo, gli piacque e lo iscrissi subito.
Dovendolo accompagnare per la sua giovane età, decisi di iscrivermi anch’io, ma
non per fare il karate, solo ginnastica per ridurre il mio ‘pancione’.
“In effetti in quel periodo ero fuori peso: facendo un duro lavoro come
carpentiere nei cantieri edili mi ero abituato a mangiare e bere molto nella
convinzione che ciò favorisse la ricarica di energia... E siccome ero abituato a
svolgere lavori pesanti, non mi spaventavano due ore di allenamento di
ginnastica; subito dopo cominciavo la pratica del karate per altre due ore.
“Così per caso mi sono avvicinato alla pratica del karate. “Nella palestra
Olimpic club vi erano alcune cinture marroni tra cui S. Ciannameo e L.
Caggianello, che con grande volontà insegnavano il karate, anche se con tecniche
personali, non propriamente conformi all’autentico karate tradizionale.
C’era un istruttore, Antonio Santangelo di S. Paolo Civitate (Fg), il quale
aveva conosciuto il maestro Shirai e per la prima volta nel 1970 riuscì a
organizzare con lui uno stage di karate a S. Paolo Civitate, cui partecipò anche
Dario Marchini.
“Purtroppo quell’iniziativa non ebbe alcun seguito. “Da Milano si trasferì a
Foggia l’istruttore Gerardo D’Arcangelo di Ascoli Satriano (Fg), proveniente
dalla scuola del maestro Shirai, con il preciso compito di divulgare il karate
shotokan nella nostra città. Iniziò a insegnare il vero karate shotokan nella
palestra Olimpic club, ma non si preoccupava di affiliare la palestra e i suoi
atleti alla Fesika. “Io ero affascinato dalla bellissima arte del karate, ma
constatai che a Foggia nessuno
era disposto a fare il sacrificio di compiere viaggi periodici per andare ad
apprendere questa pratica altrove.
“Sin dagli inizi della pratica non mi interessava raggiungere risultati
personali importanti, tenuto conto che all’epoca avevo già compiuto 36 anni. Il
mio desiderio era quello di imparare per aiutare i giovani a capire e amare il
karate. Per questo decisi di recarmi a Milano dal maestro Shirai. Ricordo che
abitava in via Piacenza. Erano le dieci di mattina: arrivato sul posto, mentre
cercavo il nome del maestro sul citofono, vidi uscire dal portone dello stabile
un signore, al quale
chiesi se conosceva appunto il maestro Shirai. Il caso volle che la persona cui
avevo chiesto l’informazione era il maestro Angelo Abruzzo, consigliere della
Fesika!
“Grazie alla sua gentile disponibilità, fui presentato al maestro Hiroshi Shirai,
il quale mi accolse con molta simpatia e da subito elaborò per me un programma
di lavoro. Dovevo andare ogni 15 giorni a Milano per prendere lezioni di karate.
“Così dopo due settimane di lavoro da carpentiere sui cantieri, partivo il
venerdì sera
da Foggia, per trovarmi la mattina successiva a Milano. La seduta di allenamento
si teneva il sabato dalle ore 10 alle 13 e proseguiva dalle 17 alle 20, mentre
la domenica durava soltanto dalle 9 alle 12: la sera ripartivo per far rientro a
Foggia. Alle ore 5 del mattino del lunedì, dovevo puntualmente riprendere il
lavoro nel cantiere edile!
“La pratica del karate divenne così impegnativa e importante nella mia vita che
Il maestro Paolo Novelli, cintura nera 6° dan Fikta 30_32_sa 30-11-2005 11:43
Pagina 3 Samurai Karate 32 lasciai il lavoro di carpentiere e intrapresi quello
di vigilante notturno. In tal modo, lavorando di notte, potevo riservare parte
del
giorno alla pratica e allo studio del karate stile shotokan. “Il mio impegno di
andare a praticare karate a Milano è durato all’incirca quindici anni. Lì mi
trovavo da solo a contatto con i migliori maestri provenienti da tutta l’Italia:
Fugazza, Marchini, Perlati, Marangoni, Balzarro, Bonizzoni, Contarelli, Capuana
e numerosissimi altri maestri, che si allenavano con il maestro Shirai e
talvolta anche con il maestro Kase. “Mi sentivo come un pesce fuor d’acqua e
alcune volte dimenticavo delle tecniche. Comprai allora una cinepresa con un
proiettore e così andavo dal pazientissimo maestro Abruzzo per filmare, con
l’aiuto del fratello, alcuni kata che non avevo capito. In tal modo potevo
guardarmeli decine di volte per apprendere quelle cose che al momento non avevo
compreso.
“D’altronde filmare con il maestro Shirai non era possibile, perché quando ci si
allenava con lui non ammetteva che si facesse nulla che distraesse la
concentrazione.
“Avrei tante altre cose da raccontare su quei tempi, ma mi fermo qui, perché
sarebbe troppo lungo”.
— Ieri e oggi: una valutazione su come è cambiato il karate. “Sono cambiate
tante cose dal 1970 a oggi. I motivi: 30 anni fa il karate era una disciplina
seria, in palestra non si faceva politica, ma solo allenamento. “Per capire il
vero karate tradizionale i corsi obbligatori si prolungavano per tre o quattro
giorni, in tal modo si approfondivano tante altre cose. La Fesika mandava i
maestri in tutte le regioni, senza che gli atleti pagassero una quota, i docenti
venivano pagati dalla Federazione, a Foggia erano di casa ogni mese i maestri
Bruno Baleotti e Roberto Baccaro, per insegnare il karate stile shotokan e
l’allenamento si svolgeva al mattino e alla sera del sabato e la domenica
mattina.
“Dopo tanti anni, era di casa sempre a Foggia il maestro Naito e si faceva
allenamento allo stesso modo il sabato e la domenica. Oggi ci sono altri
interessi e quando si fanno i corsi obbligatori non sono più quattro giorni, ma
solo il pomeriggio di sabato e la domenica mattina. In Puglia quando scendono i
maestri Shirai oppure Naito si fa allenamento solo per tre ore, il sabato oppure
la domenica: tutto questo è dovuto forse al fatto che questi grandi maestri
devono dividere il
loro tempo, girando tutta l’Italia”. — Il tuo parere sul futuro del karate nella
società moderna. “E dal 1973 che tutti vogliono che il karate venga riconosciuto
per poter partecipare alle Olimpiadi: siamo arrivati al 2005 e non si conosce il
futuro che ci aspetta. “Se tutto questo non è avvenuto, non è colpa di milioni
di persone che praticano il karate ma di quattro persone: Tutti quanti,
Qualcuno, Chiunque, Nessuno. “Questa è la storia di quattro persone che dovevano
realizzare un importante lavoro.
Tutti quanti avevano la certezza che Qualcuno l’avrebbe fatto, Chiunque avrebbe
potuto farlo, ma Nessuno l’ha fatto.
Qualcuno si è arrabbiato perché era un lavoro di Tutti quanti. Tutti quanti
pensavano che Chiunque avrebbe potuto farlo, ma Nessuno immaginava che Tutti
quanti non lo facessero. Alla fine, Tutti quanti hanno dato la colpa a Qualcuno,
quando invece Nessuno ha fatto quello che Chiunque avrebbe potuto fare...
“A qualcuno, evidentemente, va bene così: ognuno gestisce il suo orticello, chi
continua a fare karate tradizionale, chi si inventa il karate come vuole, chi
vende dei libri e un giorno resterà solo la storia del passato, mentre quella
del futuro è tutta da scrivere”. — Cosa significa per te il termine di karate
tradizionale?
“Lo scopo del karate tradizionale non è quello di vincere l’avversario, ma è
quello di vincere se stessi, attraverso la pratica. E’una regola di vita che non
si riduce a delle semplici tecniche di difesa personale. “Chi vuole praticare
con serietà l’arte del karate tradizionale deve apprenderlo con principi sani
che conducono alla formazione del perfetto cittadino, lo scopo di quest’arte non
deve essere quello di generare aggressività, ma di raggiungere un equilibrio per
se stessi.
“Il karate tradizionale è perciò un esercizio per migliorare il carattere e le
qualità interiori, che fanno bene al corpo e alla mente di chi lo pratica.
“Il fine ultimo del karate tradizionale è la salute, intesa come integrità
psichica oltre che fisica: dico questo per esperienza, avendo compiuto 70 anni
pratico ancora karate tradizionale, da oltre 35 anni, e mi sento privo di
acciacchi e sempre in forma”. — Come vedi le relazioni tra karate tradizionale e
le gare di karate?
“Le gare le ho vissute allenando gli atleti perché quando ho cominciato avevo 36
anni e non ho potuto gareggiare. Sacrifici ne abbiamo fatti tanti per
partecipare alle gare, per la soddisfazione di prendere una medaglia e vedere i
miei atleti sempre nei primi posti sia nelle competizioni individuali sia in
quelle a squadre di kata e di kumite. “Infine ho capito che i sacrifici fatti
non erano per le medaglie, ma sono serviti a formare gli atleti forti di
carattere, sia a livello mentale sia fisico per prepararli alla vita.
“Ho voluto far capire loro che si dovevano allenare anche per gli esami di
cintura nera, per un futuro di istruttore. “Diversamente, se non si fanno questi
progetti
sin dal principio, all’atleta quando finisce l’agonismo non rimane più niente.
Finisce tutto, mentre con una tale preparazione si diventa istruttore e puoi
praticare il
karate per tutta la vita”.
— Che valore ha per te il dan e qual è il rapporto con i gradi superiori e
inferiori al tuo? “Essere promosso dal maestro Shirai e dalla Commissione è un
grande privilegio per tanti motivi, poiché ti fa pensare di impegnarti sempre di
più per capire il valore del karate tradizionale. Infatti io, che faccio karate
stile
shotokan dal 1969, pensavo di arrivare a prendere solo la cintura nera 1° dan
per poi lasciare, ma così non è stato, perché ho cominciato a capire tante cose.
“Mi allenavo per saperne sempre di più fin quando ho avuto il 6° dan; allora ho
cominciato a capire il valore che rappresenta e che c’è dietro, pensando che
anche io nel mio piccolo faccio parte della storia di questa arte, che ho
divulgato nella mia città e nella Puglia da oltre 35 anni.
“Ho vissuto esperienze positive e negative con i maestri di grado superiore. Chi
segue il maestro Shirai, dopo tanti anni sa di essere migliorato come uomo e il
valore del 6° dan è di continuare ad allenarsi, per capire e scoprire l’energia
interiore e quella che ci circonda, per capire i kata che mi ha insegnato e
continuare a studiarne le applicazioni.
“Queste applicazioni con il tempo diventano personali e per tale studio ci vuole
tutta la vita, quindi ho capito che il karate non finisce mai.
“Dal 1° dan e di seguito fino al 10° dan ogni esame ha un valore diverso. Questa
mia esperienza voglio trasmetterla alle cinture inferiori, per far capire che il
dan non è altro che sapere valutare bene con il tempo le persone che ti
insegnano a fare il karate in modo serio e consapevole, perché il maestro Shirai
insegna delle regole nel dojo e nella vita di ognuno di noi. “Attenti ai maestri
poco seri”. — La Fikta soddisfa le tue aspettative? Perché hai fatto questa
scelta? Aspetti positivi
e negativi. “Mi soddisfa per il grande lavoro svolto nel gruppo e per la
costanza e l’impegno negli aggiornamenti che vengono svolti spesso e bene.
“L’aspetto migliore: praticare e divulgare il karate con la ‘K’ maiuscola”.
Seguire la Fikta significa far parte di una famiglia: si cresce insieme e per
fare questo bisognerebbe delegare ai comitati regionali parte del lavoro, corsi,
esami, eccetera. Non si deve accentrare tutto a livello Nazionale (questo
naturalmente è un mio parere), io ho fiducia nella Fikta. Perché so che ci sono
persone che quando dormono la notte, pensano a come fare per migliorare sempre
di più la propria famiglia”.