L'EREDITA' DI YOSHITAKA FUNAKOSHI
eventskarate ottobre 1979
intervista al Maestro TAIJI KASE
a cura del Maestro Luciano Puricelli (dalla rivista Karate - Do).
Luciano Puricelli:
in Italia vi è oggi una generazione di praticanti che ha alle spalle
dai 20 ai 30 anni di attività. Sono persone che conservano sempre un
grande entusiasmo, cosa può suggerire loro?
Sensei Kase: da oltre 30 anni conosco il Karate italiano ed ho
sempre rispettato il lavoro e l'impegno dei praticanti italiani che
sono molto sinceri e hanno un comportamento rispettoso ed educato.
Inoltre dal punto di vista dell'esecuzione tecnica e della forma
sono fantastici. Però non bisogna dimenticare che ogni qualità ha il
suo opposto, per cui ciò che è un punto di forza può nascondere una
debolezza.
Per questo io credo che se da un lato ci si avvicina alla perfezione
formale, da un altro lato è necessario sviluppare
anche uno spirito più libero, "selvaggio". Essere sempre troppo
"gentleman" a volte può essere un limite.
Pensando al medio-evo quando vi erano i cavalieri in Italia ed i
Samurai in Giappone, tutti erano impeccabili nei loro codici morali,
nel comportamento, nella disciplina. I Samurai per esempio avevano
una grande perfezione tecnica, amavano e rispettavano il loro
Maestro, ma in più avevano una forza istintiva, una forza bruta che
era essenziale e che li rendeva veramente temibili. lo credo quindi
che anche questo sia necessario ai praticanti italiani. Inoltre se
penso alla situazione del Karate in generale, capisco che in una
prima fase i giovani vengano attratti dall'agonismo, e questo credo
sia un primo livello di essere nel Karate; poi per gli insegnanti
che hanno venti - trent'anni di pratica, se desiderano continuare
sulla via del Karate, progredire e migliorare, è molto difficile, ma
vi è la possibilità di crescere.
Soprattutto in questo momento, nel mondo, sono importanti "queste
persone", che devono mirare decisamente e risolutamente alla
qualità.
E' la qualità che può far sì che un certo Karate raggiunga un alto
livello, è la qualità che permette alla persona che seriamente
studia Karate di raggiungere un livello elevato.
Coloro che hanno circa trent'anni di pratica hanno una grande
opportunità. lo penso che trent'anni siano una buona base per
partire verso un nuovo tipo di esperienza. Questa è la strada che il
M. Gichin Funakoshi e suo figlio Yoshitaka hanno indicato con il
loro esempio.
E' molto chiaro:
qualità eccezionale, uguale altissimo livello tecnico e viceversa.
Luciano Puricelli: Maestro Kase, lei ha iniziato il Karate più di
cinquant'anni fa e sta migliorando in continuazione.
Questo significa che nel suo Karate vi è qualcosa che va oltre il
semplice fatto dell'allenamento fisico. Può parlarci della sua
esperienza?
Sensei Kase: l'insegnamento che è stato impartito alla mia
generazione includeva un aspetto formale, per esempio l'esecuzione
di gedanbaraì, una parata, e noi applicavamo questo tipo di tecnica,
ma allo stesso tempo si metteva l'accento sulla ricerca di un
diverso tipo di energia e un differente modo, da quello formale, di
mobilizzare e comandare la
muscolatura per ottenere una efficacia "terribile".
In particolare Yoshitaka Funakoshi scoprì come usare l'energia del "Tanden".
Sicuramente la tecnica gedanbarai ha una connessione con questa
fonte di energia, col lavoro del "Tanden" perchè nello spingere
verso il basso l'energia, il ki, si accumula al centro del corpo,
nel ventre, sotto l'ombelico.
Quindi questa tecnica aiutava a mantenere la forza verso il basso ed
in questo modo il corpo si rinforza ed il punto centrale cresce. In
sostanza usavamo la tecnica per sviluppare qualcosa di "diverso" e
questo, nel futuro, sarà cioè che bisogna sviluppare anche
nell'accademia. Questa era l'idea di Yoshitaka Funakoshi ed io ho
semplicemente seguito questa idea, ho fatto quello che lui diceva, e
questo mi ha permesso di trovare una grande forza ed energia dentro
di me, energia che mi permette di fare Karate facilmente e di
incrementare il mio livello. Per questo nutro una perenne e profonda
riconoscenza per "Waka Sensei" (Yoshitaka). Un altro aspetto molto
importante dell'insegnamento di "Waka Sensei" deriva dall'esperienza
del Budo.
Egli si ispirò alle spiritualità del Budo giapponese per creare e
portare nel Karate "'O Waza", (impropriamente tradotta con "tecnica
grande" n.d.r.).
Yoshitaka Sensei prese l'idea più grande, il massimo per avere di
più e poter vincere.
Questo ebbe come effetto una maggior sicurezza in chi pratica in
questo modo, una maggiore stabilità interiore e ci obbligò a
sviluppare una forte muscolatura per eseguire una tecnica così
grande e potente.
In più venne aggiunta l'idea della velocità sempre maggiore ed un
Kime qualitativamente sempre più forte. Chiaramente tutti questi
elementi sono strettamente concatenati l'uno con l'altro.
In sintesi l'idea di Yoshitaka era di partire dall "O Waza" per
arrivare al "Ko Waza". Allenandomi in questo modo ho capito!
Non solo "O Waza e Ko Waza" ma qualunque tecnica andava sviluppata.
Solo che "O Waza" e "Ko Waza" erano un punto di partenza. Ho
studiato seguendo questa direzione e quello che sono oggi lo devo
all'insegnamento di Yoshitaka Funakoshi.
Luciano PuriceIIi: che importanza hanno la mente ed il cuore nella
pratica del Karate?
Sensei Kase: per me prima viene il cuore. Il cuore deve essere
associato al sentimento di umanità, ed a ciò deve corrispondere
libertà; una mente libera.
Siamo esseri liberi, dobbiamo avere un cuore grande e una grande
umanità.
Questi sono due punti importanti per sviluppare un Karate efficace.
La mente si deve applicare, mettersi al servizio di questa idea e di
questi valori.
Luciano Puricelli: che idea dobbiamo
avere e come dobbiamo considerare l'hara nel Karate?
Sensei Kase: benché non vi sia un modo sicuro, posso comunque
parlare della mia esperienza. lo ho fortemente pensato all'hara
però, forse, questo può non essere una regola da seguire, forse ho
semplicemente avuto fortuna.
Comunque un giorno io ho deciso: "devo avere il Tanden".
La mia idea era quella degli antichi Samurai che avevano sviluppato
l'hara ed il suo potere, quindi mi sono detto: devo averlo! Per cui
nella mia mente vi era ogni giorno, ogni momento Tanden, Tanden,
Tanden...
Mantenevo sempre la concentrazione su questo punto, ma non sapevo in
verità come fare ad avere il mio hara.
Avevo semplicemente deciso, e vi ho creduto con tutte le mie forze,
e, stranissimo, un giorno era lì.
Ero sorpreso, stupito, felice. A quel punto ho capito che il Karate
è logico e illogico allo stesso tempo. Per esempio uno fa un certo
esercizio, lo ripete, e poi ci scopre dentro cose e connessioni col
proprio corpo impensate, quindi io non sapevo, poi un giorno l'ho
saputo e mi sono detto! Ah! E' così! E' questo!
Dopodichè tutte le tensioni delle spalle, i blocchi di forza e di
energia del corpo si sono di-sciolti.
A questo punto era per me molto facile fare un pugno mettendo un
Kime forte.
Ancor oggi non so quale esercizio ha prodotto questo risultato, è lì
(risata di gioia del Maestro Kase).
La tecnologia odierna ha prodotto cose fantastiche, i medici sono
andati molto avanti nella loro scienza e capito molto del
funzionamento del corpo umano, purtroppo non sono ancora in grado di
capire che cos'è l'hara, come si forma e come funziona.
Forse ci riusciranno tra duecento - trecento anni, ma per ora no.
Dobbiamo comunque prendere anche esempio dalla ricerca scientifica:
si prova una via, un'altra, poi improvvisamente qualcuno ha
l'intuizione giusta, e riesce a trovare uno spiraglio, una strada.
Tutto si muove su di un piano di corrispondenze e dialettica delle
parti, tra logico e non logico. Nel Karate è uguale, provando e
riprovando, studiando assiduamente, si hanno sensazioni, poi qualche
volta, per caso o per magia, qualcosa di speciale accade.
Allora bisogna applicarsi ed impegnarsi senza esitare.
Luciano Puricelli: se è possibile esprimerlo con parole, che cos'è,
secondo lei Maestro, il Karate nella vita di ogni giorno?
Sensei Kase: al di là delle parole, poichè stiamo parlando di
un'esperienza essenzialmente fisica e della sua relazione e
connessione con la vita umana, in modo molto semplice, secondo me,
se uno capisce il significato della massima: "Karate ni sente nashi"
ha colto l'essenza del Karate.
Chi pratica, sicuramente alla fine capisce che cosa deve essere nel
profondo il Karate e che tipo di uomo è il karateka.
Queste parole "Karate ni sente nashi": "non attaccare mai per
primo" non significano solamente: non usare il Karate per
combattere, il suo significato va ben oltre, significa un modo di
comportarsi e di vivere con la gente. Per applicare questo principio
nelle relazioni quotidiane interpersonali, rifletti: "cosa vuoi
veramente dire non attaccare mai per primo"?
Seguendo questo principio, si avrà in modo naturale una morale, si
svilupperà una certa forza della mente, una spiritualità naturale.
Secondo me tutte le categorie della vita sono incluse in questo
principio: "Karate ni sente nashi".
Luciario Puricelli: Maestro, che cos'è il Ki e perché secondo lei
dobbiamo conoscere ed usare il Ki?
Sensei Kase: Penso che il Ki sia una forma di energia e che questa
energia non sia una energia fisica nel senso stretto del termine.
Noi umani siamo esseri viventi e per vivere dobbiamo essere nel
pieno della nostra forza, in particolare l'energia che abbiamo nel
centro del corpo la possiamo utilizzare per muoverci, spostarci, per
vivere nel nostro corpo, anche se non sappiamo esattamente come ciò
avviene.
Certe persone hanno la capacità di unire la forza muscolare con
l'energia che è immagazzinata al centro del corpo. Quando si ha
questa fusione, viene liberata una forza veramente incredibile.
Inoltre, tramite l'allenamento, questa energia cresce in
continuazione e subisce una trasformazione qualitativa, un esempio
un po improprio può essere quello della corrente elettrica che si
trasforma in certe condizioni in una scarica ad altissimo voltaggio.
Parlando di Ki, le persone hanno il loro Ki, questa è una base
naturale che ognuno ha, però quando ad esempio, forza muscolare,
forza della respirazione e forza della concentrazione mentale si
fondono in modo armonico, un'altra forza nasce e arriva.
Nel Karate io credo che questi tre elementi fusi armonicamente
assieme, siano alla base di quella energia che occorre alla pratica.
Inoltre sappiamo che il Ki esiste disperso nell'atmosfera,
all'esterno dunque del nostro corpo e che in passato i Samurai
avevano trovato il modo per aprire un canale di comunicazione con
questa fonte di energia.
Essi riuscivano, in breve, ad unire il Ki dell'universo con quello
della terra e questo processo avveniva nel corpo del Samurai nel
quale si manifestava una energia immensa, oserei dire quasi
"terribile".
Queste non sono mie opinioni, ma sono tramandate dalla storia. In
sintesi il principio è cielo, terra, uomo assieme.
Questa era l'idea che il Budo cercava di realizzare ed il massimo
livello era quello di fondere questo principio esprimendolo nella
tecnica.
Luciano Puricelli: lei M. Kase sta diffondendo il proprio Karate
tramite la W.K.S.A., l'Accademia che unisce assieme persone di
diversi paesi che seguono il suo programma di insegnamento di
Karate.
Può parlarci in breve degli obiettivi e dello scopo della W.K.S.A.?
Sensei Kase: la W.K.S.A. esiste da ormai sei anni e già oggi alcuni
membri cominciano a capire, sentire e crescere nel modo che io
auspico. Questo significa che nel giro di due-quattro anni avranno
ottenuto una base essenziale.
Dopodichè la progressione sarà più rapida. lo credo che nel giro di
dieci anni circa, il risultato sarà ottenuto e sarà evidente.
In sintesi il primo obiettivo è quello di creare un gruppo di
venti-trenta persone in Europa di livello qualitativamente alto.
Con questa base, unendo le energie di tutti sarà facile aiutare gli
altri a crescere e migliorare il proprio livello.
L'idea è "venti persone uguale ventimila".
L'Accademia potrà così efficacemente sviluppare e diffondere l'idea
di Karate trasmessami dal M. Yoshitaka Funakoshi.
Questo è il mio compito nei prossimi dieci anni, dopodichè forse,
qualcun'altro dopo di me continuerà nella storia.
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