Salto nel tempo
Di Nando Balzarro
OLTRE LA TECNICA OLTRE LE SIGLE OLTRE IL TEMPO
Spogliatoio piccolo… sì, quello riservato ai maestri ché, consuetudine impone,
si cambino in luogo separato dagli allievi. Spogliatoio piccolo, ma che importa!
Siamo solo noi… solo noi tre. L’ultima volta che ci cambiammo insieme?… Ma
certo! Almeno quarant’anni orsono, e di sicuro non rammento dove fossimo… con
buone probabilità si trattava di uno degli allenamenti guidati dal Maestro… dal
Maestro Shirai naturalmente, e chi altri se no? Oppure ci trovavamo a uno stage,
uno stage nazionale, allora sì, forse c’era anche lui, il mitico Maestro Kase e
chissà chi altri ancora?
Ma che importa dicevo, spogliatoio piccolo e noi tre, noi tre insieme dopo tanti
anni.
Ci osserviamo con lo sguardo un po’ curioso, vagamente indagatore, affatto
incredulo per la situazione che stiamo vivendo. Poche parole, brevi risate, ma
sì! Confessiamolo! Sì, siamo un po’ emozionati. Ci si guarda e intanto
scoprivamo di essere emozionati. Un’emozione strana, un’emozione vera,
un’emozione infantile da ragazzini alla vigilia del primo esame. Mi soffermo con
spontaneità a osservare i miei
colleghi,
anno più anno meno siamo coetanei, ultra sessantenni comunque.
Beppe ha le guance tagliuzzate da sottilissime rughe, sono belle come quelle
screpolature sul legno ben stagionato, i capelli bianchi e cortissimi, i gesti
improvvisi, a tratti irrequieti, a tratti morbidi quasi stanchi, gli occhi sono
sempre gli stessi, chiari, attenti, febbrili e quel tono di voce burbero che
l’ha sempre contraddistinto. Bruno,
il piccolo
grande uomo, un metro e sessanta di energia compressa, un
metro e sessanta di incredibile potenza, un blocco di fibre e muscoli coriacei e
flessuosi nel contempo, niente capelli, il volto pieno, sereno, rubicondo, nello
sguardo un singolare miscuglio di fermezza e pacata saggezza. E cosa è successo
ai miei riccioli folti e biondi? Cosa è successo ai miei
mavashi
lanciati verso il cielo? Cosa è successo alle mie spalle che cigolano come
vecchie serrature arrugginite? Niente, niente… sono passati solo quarantacinque
anni, cosa volete che sia!
Dall’esterno giungono le prime notizie: ehi, sono in cento! No in centosessanta,
ma no di più, di più, quasi duecento, di più di più, duecentoventi… L’ansia
cresce, non so di preciso cosa ci spinse ad organizzare questo evento, non lo
so, qualcuno dei miei allievi l’ha proposto, l’idea è piaciuta, l’idea è stata
accettata, condivisa, con contenuto entusiasmo promulgata, e adesso? Adesso
ecco, siamo qui, indietro non si torna.
Il palazzotto sportivo di Castel San Pietro è moderno e capiente, perfetto il
piancito in legno lucido moderatamente elastico. Tre gruppi… bisogna dividerli
in tre gruppi queste centinaia di allievi… macché allievi! Come si fa a definire
allievi tanti quotati maestri, tanti atleti già famosi, quinti,
sesti, settimi Dan, come si fa a qualificare come
allievi
questi instancabili praticanti, questi capi scuola, una intera vita consacrata
al karate, alla sua divulgazione, alla sua protezione, al suo miglioramento.
Come si fa? Eppure sono in tanti e sono qui, il karate-gi bianco, la cintura
nera sbiadita e consunta sui bordi, ognuno composto, serio, desideroso di
cominciare. Riconosco persone che non vedevo da anni, riconosco volti che avevo
dimenticato… malgrado le mutazioni prodotte dal tempo riconosco i loro sorrisi,
i loro gesti, persino quelle loro simpatiche battute. Sono davanti a me, tutti
insieme, attenti, concentrati, pronti. Allenarsi, certo! Allenarsi è ciò che
conta, così è sempre stato, così è anche ora.
Incredibile! Lasciatemelo dire! Incredibile! Le vedo, le distinguo. Tutte le
“sigle” rappresentate: fijlkam, fikta, fiam, fesik, uisp, asi, acli, e altre più
o meno note, ed altre più o meno nominate. Ecco ci sono proprio tutti. Tutti lì,
tutti insieme, spalla a spalla, eguale impegno, stesso sudore, medesima voglia
di esserci, proprio lì, in quel preciso istante. Incredibile! Una specie di
miracolo, un momento unico, irripetibile, fantastico. L’avevo sognato. Da tanto
tempo l’avevo sognato. E il destino ha voluto che, anche per un solo mattino,
anche per sole tre ore, quella domenica del primo novembre duemilanove, il sogno
impossibile sprigionasse luce come un raro diamante.
Sento risuonare l’eco dei comandi, il sordo frastuono dei piedi, l’unisono sfogo
del kiai.
Non so neppure raccontare cosa ho insegnato… ammesso che abbia insegnato. Non so
neppure riferire cosa ho detto… ammesso abbia parlato. Non so neppure riportare
cosa mi abbiano chiesto… nel caso qualcuno mi abbia posto domande. Ma posso
sicuramente dirvi quanto mi sia scoperto felice ed orgoglioso e grato a quanti,
quella mattina di novembre già imbronciata dal primo sentore invernale, mi hanno
onorato della loro insostituibile presenza.
Vabbé! Non consideratemi così sprovveduto e ingenuo da credere che tale prova di
unione, di crollo dei confini federali, di reciproco disinteressato rispetto, di
entusiastico piacere di allenarsi insieme, possa in qualche modo rappresentare
un punto di partenza per chissà quale futura armoniosa unificazione… no… no… non
sono così ingenuo e sprovveduto e forse romantico. Esistono momenti magici…
accettiamoli per quello che sono: brevi, folgoranti, indimenticabili.
Nando Balzarro
fonte: www.fiamsport.net