eventskarate 01 maggio 1992
di Sandro Camba
Il personaggio.
Il “maestro” di Cabras è l’unico allenatore sardo
della Nazionale
«Detesto i films di Bruce Lee»
Sandro Spanu: la disciplina nel karate è tutto
Cintura nera sesto Dan, unico sardo allenatore della
nazionale italiana di karate. Il maestro Sandro Spanu lo dichiara senza enfasi,
eppure è un traguardo di tutto rispetto, frutto di molti anni di duro lavoro. A
quanti anni ha cominciato? «Ho cominciato nel ’72, a dodici anni. Ora ne ho 41 e
sono quindi quasi trent’anni che pratico questo sport» Come nasce la passione
per il karate?
«È stato un passaggio graduale dalla boxe, passando per
lo judo. Poi mio fratello mi ha fatto scoprire il karate. Lui, più grande di me
di tre anni, è stato il primo a portare a casa la passione, che mi ha contagiato
totalmente». Quindi lei non è il solo in famiglia a essere impegnato in questa
disciplina?
«In famiglia siamo in tanti, innamorati di questo
splendido sport. Mio nipote è stato per cinque anni campione italiano. Mio
fratello è invece presidente del comitato regionale sardo». Lei è sposato?
«Sì, dal 1992 con Michela, e abbiamo una bambina di nove
anni che si chiama Martina» Anche loro “karateki”?
«No, la bambina ha preferito la pallavolo e io ho deciso
di non interferire nelle sue scelte. L’importante è comunque che pratichi uno
sport». Quanto tempo dedica alla sua disciplina?
«Moltissimo, soprattutto perché me la sono scelta per
professione» Si allena spesso?
«Certo, tutti i giorni sono in palestra, ma non solo per
allenarmi. Essendo direttore tecnico della Sardegna, ho molti allievi da
seguire». Solo a Cabras?
«No, svolgo la mia attività principalmente a Cabras e a
Narbolia, per un totale di circa cento allievi, ma una volta al mese insegno
nelle palestre di Santu Lussurgiu, Zeddiani, Tortolì, Lotzorai, Palau, Buggerru
e Fluminimaggiore. In tutto, almeno 350 giovani fra uomini e donne». Chi sono i
più disciplinati?
«Chi segue con passione questo sport fa della disciplina
una delle regole fondamentali, e questo vale sia per gli uni che per le altre».
Chi non conosce l’ambiente, tende ad identificare il karate con i film violenti
del filone giapponese. Non c’è qualcuno fra di voi che si esalta un po’ troppo?
«No, perché stronchiamo sul nascere gli eccessi.
Equilibrio ed autocontrollo sono fondamentali, e se non riusciamo a stabilire i
giusti confini preferiamo evitare di proseguire il nostro cammino in comune».
Quali impegni agonistici affronterete a breve termine?
«Dal 18 maggio saremo all’estero, in Austria o in
Croazia, per i campionati europei junior e senior. Ci saranno atleti di dodici
Nazioni». Perché se ne parla così poco?
«È una delle cose che non capisco. Nonostante il buon
livello raggiunto, non godiamo della visibilità che altri sport possono vantare,
e un po’ mi dispiace, soprattutto perché abbiamo degli atleti di grande valore
che meriterebbero ben altra considerazione». Come vi sostenete economicamente?
«La federazione che abbiamo fondato assieme al maestro
Bolaffio, la Fedika non ha nessun orientamento politico, non siamo iscritti al
Coni e non abbiamo alcuna sovvenzione. Siamo assolutamente autonomi».