Tutti insieme, un passo avanti.
Eventskarate 02 gennaio 2010
Intervista al maestro Roberto De Luca
Era da qualche tempo che Roberto De Luca, maestro di karate 7° dan , meditava di andare via dalla fijlkam e di <<tornare a fare karate>> , in FIK da dove era nato.
Quali motivi l’ hanno spinto a lasciare la fijlkam?
La fijlkam è stata una delusione. E’ inutile tentare una caccia ai colpevoli: non ricerco la polemica. Sono andato via non perché ero in disaccordo con il vice Presidente ma, se posso dire in accordo con lui.
Scusi può ripetere?
Intendo dire che il vice Presidente era stato eletto con il mandato di rafforzare la federazione ed il karate in Italia, fare la storia del karate italiano. La mia storia è un’altra. Lo spazio per le presenze con identità propria e voglia di fare si era ridotta al lumicino, dobbiamo prenderne atto senza infingimenti. Sono nella memoria di tutti le polemiche che hanno accompagnato il mio ruolo di portavoce di istanze dei molti tesserati federali, volte a migliorare l’apparato della federazione. Ma è ormai evidente che io (come tanti altri) non mi ritrovavo più in quel percorso di finta democrazia ed incominciavo ad avere difficoltà a rimanere in quella federazione. E sinceramente non credo che abbiano pianto molto per la mia uscita, in questo senso dico che me ne sono andato quasi d’accordo. Adesso si è girata pagina. Noi con la FIK (Federazione Italiana Karate) dialogheremo stando sull’altro versante.
Lei si è sentito a disagio come uomo e Maestro?
Quando si diceva “ sono nemici della federazione” non è stato coniato per una questione personale. So che ci sono ancora adesso altri colleghi, che non erano pronti a seguirmi che sono a disagio. Basti pensare ai recenti fatti: karate non olimpico, troppe promesse non mantenute… Ma ripeto, non voglio fare polemiche. La mia è semplicemente una constatazione, che faccio con un po’ di amarezza.
Magari lei ha però ecceduto nel distinguo rispetto alla sua (ex) federazione.
Non è così, mi sono sempre sforzato di trovare posizioni condivise. Non ho partecipato e non partecipo alla gara per il primato dell’ortodossia.
Tornando alla delusione?
Non sono deluso, ma dispiaciuto anche perché negli anni scorsi la federazione ha subito gravi perdite di Maestri con provata esperienza e “mestiere”.
Perché la FIK.
Ho una grande stima di Lazzarini (Presidente FIK), sono convinto che si possa e si debba collaborare con lui per costruire un fronte comune degli appassionati di karate, ritengo però che sia importante favorire l’aggregazione a partire dalle esperienze che ci sono, senza dividerci in altri contenitori. Da un anno a questa parte la FIK, con Lazzarini, interpreta una posizione politica innovativa che condivido pienamente. La sua bandiera non è l’antifijlkamismo, propone una strategia di alternativa reale. Non parte da posizioni precostituite, sa quando dialogare con la maggioranza e quando esprimere un’opposizione ferma. La bussola della FIK è orientata non solo ai temi dell’identità del karate , ma anche verso tutto ciò che è modernizzazione della struttura organizzativa. Ma, soprattutto, non è succube del fantasma di Pellicone.
La FIJLKAM un po’ lo è?
La federazione così detta ufficiale è vittima di una contraddizione cocente, con le altre federazioni vorrebbe proporsi come unica federazione riformista ma, si ritrova ad essere una “disciplina sportiva” tra le tante, di una federazione del CONI. Il giustizialismo è un’arma letale, e ignorare i consensi che la FIK ottiene è una fuga dalla realtà.
Quale futuro spera?
Personalmente spero che almeno una parte del filo spinato che divide le forze del karate in Italia sia messo da parte. Abbiamo bisogno di una nuova fase di unità nazionale per affrontare la crisi d’identità. Oggi c’è la consapevolezza che anche la mia scelta di fondare la Federazione Italiana Karate non corrisponde ad un mio passo indietro ma alla volontà di fare, tutti insieme, un passo avanti.