APRILE 2009 - NICOL OVVERO MOVING ZEN

Fonte: http://muovitipiano.blog.lastampa.it/  

 

 

Non conoscevo Clive Williams Nicol prima di leggere questa bellissima intervista appena fattagli da Shaun Banfield e pubblicata on line su TheShotokanWay http://www.theshotokanway.com/aninterviewwithcwnicolp1.html  .

Shaun è un amico della KWF, e ci capita di scambiare qualche opinione sul nostro forum KWFonline. Shaun ha anche l’abitudine di chiedere sul suo forum, di suggerire le domande che vorremmo venissero chieste ai personaggi che saranno poi di volta in volta da lui intervistati.

Conoscevo di fama il libro scritto da Nicol, però sinceramente non l’ho mai letto. Il desiderio di leggerlo mi era sorto molte volte, ma dopo questa intervista non potrò fare a meno di comprarlo.

Si intitola “‘Moving Zen – One Man’s Journey to the Heart of Karate’” ovvero Zen in movimento, viaggio di un uomo al cuore del Karate.

 

Benché forse sia poco conosciuto in Italia, è un vero e proprio best seller nel mondo del Karate anglosassone, uno di quei libri che non manca in qualsiasi scaffale degli appassionati e che viene spesso citato nelle discussioni. Credo che non sia mai stato tradotto in italiano, e la cosa mi stupisce.

Noi praticanti il K. classico siamo sempre famelici di notizie sul mondo del K. giapponese, ma nessuno può raccontare meglio quel mondo, che un occidentale che l’ha vissuto pienamente.

In questa intervista leggerete della vita avventurosa di Nicol, ma vi posso anticipare che lui incarna l’immagine che io ho del miglior modo di vivere pienamente la nostra Arte. Una pratica libera, in giro per il mondo, interpretando il K. nel suo contenuto essenziale, adattandolo alle proprie necessità e abilità, distante sia dai perfezionismi estetici della pratica, sia dai cliché dell’atletismo e del fitness che vanno oggi per la maggiore, cogliendo quello che ci possono offrire le occasioni di contatto con i grandi Maestri, ma anche con le piccole o grandi avventure quotidiane.

Nicol è un gallese, classe 1940, che vive da ormai molti anni in Giappone, anzi ha acquisito la cittadinanza giapponese…..vabbè, ma è meglio che ce lo racconti lui stesso:

 

(Shaun Banfield)     Posso innanzitutto ringraziarla per questa opportunità di intervistarla? Abbiamo a lungo avuto il desiderio di farla, per cui siamo ansiosi di poterle fare le domande e di apprendere i suoi pensieri e recepire alcune delle sua esperienze. 

(C.W.Nicol)     Siete i benvenuti, mi fa piacere di poter raggiungere molti vecchi amici in tutto il mondo attraverso questa intervista.

(SB)     Lei è un gallese; posso chiederle dove è nato, siccome anch’io sono un gallese orgoglioso?

 (CWN)    Si, sono gallese, sono nato a Neath nel 1940, ma poi ci trasferimmo e andai a scuola a Ipswich e Cheltenham.  Però quando ero in vacanza continuavo sempre a tornare nel Galles, anche se dovevo attraversare Londra, fino a quando ci spostammo a Cheltenham quando avevo 13 anni.

 

(SB)     Ci può raccontare come ha iniziato le Arti Marziali , siccome lei ha fatto esperienze col Judo prima di andare in Giappone, vero?

(CWN)     Io ho avuto un papà nuovo quando avevo 10 anni, e lui era della Royal Navy.  Ero molto orgoglioso di lui e questo mi spinse a entrare nei Cadetti della Marina quando ne avevo 12. Fino ad allora a scuola avevo subito un sacco di angherie da certi bulli sadici di 16 o 17 anni.  Nei Cadetti della Marina avevamo un istruttore che ci insegnava qualche rudimento di quello che lui chiamava Jujitsu.  Scoprii presto che con poche tecniche si può dissuadere un bullo. Il fatto era che le tecniche erano piuttosto crude e brutali, e dopo che mio padre fu chiamato dalla scuola per i danni che avevo fatto a un ragazzo di 17 anni, lui parlò con l’istruttore dei Cadetti della Marina per dirgli che avrei preso delle vere lezioni di Judo. Per cui entrai in un Club di Judo alla YMCA di Cheltenham (ndt: la YMCA, acronimo di Young Men's Christian Association - Associazione Giovanile Maschile Cristiana - è un’organizzazione cristiana ecumenica che mira a fornire supporto ai giovani e alle loro attività.)  Il nostro istruttore era un ex commando dei marines, con esperienza di guerra, ed era DURO. Però a 14 anni incontrai un vero Maestro di arti marziali, il famoso Koizumi Gunji sensei.
   

Koizumi sensei arrivava dal Budokai di  Londra per insegnare a noi, per tre interi giorni. Questo fu rivelatore. Questo gentiluomo giapponese molto cortese poteva lanciare l’ex-commando come una bambola di pezza.  Non avevo mai visto una cosa simile. Mi fece tornare alla mente cosa mi diceva sempre mio nonno gallese: un uomo veramente forte è prima di tutto un gentiluomo.

L’altro eroe che ho incontrato al club di Judo fu un giovane MP Americano di Chicago, Mike Devito.  Mike era dislocato in una base lì vicino ed era solito venire al club di Judo quando aveva un pò di tempo libero. Fu Mike che ci disse per primo di questa mitica arte del Karate. A quei tempi non c’erano ancora dei veri insegnanti di Karate in UK.

Io andai alla mia prima spedizione artica con il Dr. Peter Driver quando avevo 17 anni. Andai ancora con lui nell’Artico l’anno dopo ed era il periodo quando gli Inuit andavano ancora a caccia con i kayak.  Un pò per la dura vita dell’Artico, un pò per il Judo e per l’allenamento con i pesi, ero un tipo piuttosto spigoloso. Così nel 1959 fui reclutato da  'Chunky' Hayes e la sua West of England Promotions per fare la lotta (wrestle), col nome d’arte di 'Nic Devito' : naturalmente gran parte del wrestling professionistico è – diciamo così – orchestrato, ciononostante ci sono alcuni lottatori veramente tosti e preparati e fu una buona esperienza. Feci circa venti “combattimenti” professionistici e poi fui chiamato per ritornare in Canada per una spedizione invernale a Devon Island.

 

(SB)     lei ha ricordato che non c’erano dei veri insegnanti di K. in UK. Vuol dire che ce n’erano, ma non insegnavano un buon K.? 

(CWN)     Io chiesi in giro nell’ambiente del Judo, ma non trovai insegnanti di K., trovai un libro, di Harrison mi pare. Penso che fu nel 1955 o 1956 che la rivista “Life’ diede una grande diffusione al K. Non vidi mai praticare del “vero” K. fino a quando non visitai il dojo di Ari Anastasiadis a Montreal.

(SB)     E come successe del viaggio in Giappone? Può raccontarci del viaggio che la portò per la prima volta in Giappone e che cosa aveva sperato di realizzare?

 (CWN)     La spedizione a devon Island organizzata dall’Arctic Institute of North America aveva scienziati che provenivano da America, Canada, Gran Bretagna e Svezia, in molti campi come la geologia, l’oceanografia, l’archeologia, lo studio dei ghiacci ecc. Io ero un assistente generale, nel senso che lavoravo con tutti. Durante il lungo inverno eravamo solo in cinque e stavamo o al Campo Base occupandoci di meteorologia, o fuori a preparare nascondigli per  l’estate imminente. Devon Island è abbastanza grande e noi eravamo i soli cinque esseri umani nell’isola. Quando la spedizione terminò avevo messo da parte 6.000 dollari canadesi. Era una grossa cifra nel 1962. Avevo 22 anni e avevo ancora il desiderio di andare in Giappone e imparare il K.

Sapevo naturalmente che, come sappiamo, il K. come lo conosciamo si formò come un’arte a Okinawa, ma io avevo un’immagine idealistica del mondo, e non volevo andare in un posto ancora sottoposto alle regole militari americane. Alcune persone del Judo di Montreal mi presentarono ad  Ari Anastasiadis, che aveva un club di K. a Montreal.  Ari disse che tutti i grandi stili erano insegnati a Tokyo, e fu lui che mi presentò alla JKA.  Come succede, avevo un vecchio amico di Cheltenham, Klaus Naumann, che mi scrisse mentre ero anche nell’Artico, dicendomi che lui era in Giappone, e che studiava il K. in un dojo a Yotsuya. Quando andai a Tokyo mi iscrissi al Kodokan per il Judo, e presi alloggio là. L’honbu dojo della JKA era sulla strada (a meno di dieci minuti di metropolitana da Yotsuya). Klaus Naumann fu quello che mi portò per primo là.

(SB)     Quando lei arrivò in Giappone, incontrò Takagi Sensei alla JKA, che naturalmente divenne poi  direttore della JKA. Che impressione ne trasse?

 (CWN)     Takagi sensei era un uomo molto pragmatico, saggio e navigato. Rimase molto impressionato che io a 22 anni avessi all’attivo già tre spedizioni artiche. Fu  Takagi Sensei che mi suggerì di vedere alcuni degli altri grandi stili, e poi fare la mia scelta.

(SB)     Lui era un uomo di business, ma anche un karateka. L’ha mai visto allenarsi o insegnare?  

(CWN)     Non l’ho mai visto insegnare, ma talvolta diceva a noi o agli istruttori più giovani di fare questa o quell’altra tecnica.

 (SB)  Lei ha detto che Takagi Sensei la incoraggiò a vedere tutti i principali stili che venivano praticati là. Perchè lei scelse lo Shotokan come stile da seguire?

 (CWN)     Io rispetto profondamente tutte le scuole di arti marziali genuine e ho abbandonato da molto tempo la discussione infruttuosa su quale sia “migliore”.  Io scelsi di studiare con la JKA all’honbu dojo di Yotsuya per la reputazione che avevano molto istruttori, ispirati dal grande guerriero gentiluomo e Maestro Nakayama Masatoshi.  Lo sitle Shotokan era profondo, veloce e preciso. Questo mi piacque,. L’altro fattore è che essendo passato prima attraverso molti pericoli, ero troppo maturo in almeno una parte del mio carattere per poter riverire qualcuno come un guru.  Nakayama Sensei si aspettava di essere rispettato come il Chief Instructor, non pretese mai alcun tipo di deferenza quasi religiosa. Inoltre, con i molti altri istruttori, si poteva vedere una loro reale genialità, ognuno però era unico, anche se tutti seguivano lo stesso stile. Questo mi piacque.

(SB)    La sua prima lezione all’hombu fu con Sasaki Sensei, che sarebbe poi diventato un suo caro amico. Può dirci qualcosa su di lui, in quanto alcuni nostri lettori potrebbero non conoscerlo?

(CWN)     Penso che Sasaki Sensei ora viva e insegni nelle Filippine, anche se ne ho perso i contatti. Lui era molto socievole e gentile quando non eravamo nel dojo, e aveva un grande senso dell’umorismo. Avevamo circa la stessa età e gli piaceva bere una birra dopo l’allenamento, e anche se avrebbe potuto abusare del suo potere con i nuovi arrivati, non lo fece mai. Era velocissimo e stava per ottenere la qualifica di istruttore.

(SB)     Sugli altri suoi Sempai, i sensei Seto e Okuda, ci può dire qualcosa?

 (CWN)     Okuda Sensei era anche uno yudansha di Judo.  Era severo come sempai, ma estremamente gentile, premuroso e cortese come amico. Lui andò poi a insegnare in Brasile e da allora non l’ho più visto. Seto sempai è ancora un amico da una vita. Siamo stati insieme a cacciare insieme i cinghiali selvatici, abbiamo fatto un sacco di cose insieme. Seto sempai non diventò un istruttore pofessionista, ma avrebbe potuto certamente diventarlo. Piccolo, ma molto, molto veloce. Combattere con lui era come cercare di avere la meglio con un incrocio tra un calabrone e un’anguilla, con il calcio di un mulo. Una volta persi la pazienza e lo afferrai con una presa di wrestling.

Lui incominciò a battere sul mio cranio come un piccolo battipalo. Molto poco dignitoso per me, e una grande risata dagli altri istruttori.

(SB)     Lei ha già ricordato Masatoshi Nakayama – che fu il Chief Instructor della JKA quando lei arrivò, ma può raccontarci qualcosa di più su di lui?

 (CWN)     Nei primi due anni e mezzo in Giappone io ho vissuto per circa un anno con Donn Draegar nella sua grande casa del periodo Meiji che lui condivideva con studenti di arti marziali provenienti da tutto il mondo. Donn stava redigendo una serie di libri 'Practical Karate' insieme a Nakayama Sensei.        Donn mi reclutò come  uno dei giovani “teppisti” che dovevano usare i trucchi delle tecniche di strada su Nakayama Sensei.  Lui ci sconfisse tutti facilmente, sia che ci avvicinassimo a lui con un calcio, con un pugno, con un soffocamento, con una presa da dietro e persino con una bottiglia rotta.

La dice lunga sulla sua maestria nel K. il fatto che, per la sua innata cavalleria, nessuno rimase ferito. Nakayama Sensei fu sempre molto fermo e tenne sempre sotto controllo i suoi giovani e talvolta scontrosi istruttori. Non provarono mai a contrariarlo. Era sempre pronto a offrire a qualcuno il suo tempo e la sua saggezza, e a dare un consiglio gentile. Quando lui morì mi colse una grande tristezza che sconvolse me e moltissimi altri. Comunque, andai ai suoi funerali.


Quando ritornai in Giappone proveniente dall’Etiopia, Nakayama Sensei mi aiutò in una ricerca interiore e un nuovo timore del jiyu kumite. Io avevo combattuto i banditi e i bracconieri sulle montagne dell’Etiopia, e il K. mi aveva salvato la vita molte volte, ma con risultati letali sulle altre persone.  Ero spaventato all’idea di non essere capace di controllare le mie tecniche e di ferire un compagno di dojo. Lui mi fece superare quella cosa, perché sapeva esattamente cosa mi stava preoccupando. Quando alla fine mi parlò, mi guardò solo per un momento con quello sguardo tranquillo che aveva e mi disse "Era o la tua vita o la loro, dimentica quelle cose. Allenati più duramene, e se mai ci fosse un’ altra occasione come quella, tu avrai più controllo. Continua ad allenarti e non perdere la tua sincerità”

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 (SB)     E quel consiglio la aiutò a superare le sue nuove paure del jiyu kumite? 

(CWN)     Io per lo più ora mi alleno da solo, eccetto quando vado a Okinawa. Non ho più “paura” del jiyu kumite, ma posso solo apprezzarlo come una pratica tra me e un compagno di dojo di cui ho fiducia, non come una specie di competizione. Ippon kumite è più di mio gusto. Le faccio presente che io non sono un karateka professionista a tempo pieno, e compirò 69 anni quest’anno, e questo forse ha la sua importanza.

(SB)     Lei si è allenato allo Yotsuya hombu dojo. Può descriverci brevemente l’edificio, confrontandolo con i dojo tutti decorati di oggi …?

(CWN)     Il vecchio honbu dojo a Yotsuya era piccolo e vecchio. Aveva un gabinetto in stile giapponese, una zona spesso disastrata. Lo spogliatoio era completamente affollato e strabocchevole di Karategi sudati e vestiti, ma non venne mai rubato nulla.   Takagi Sensei e una segretaria stavano in un minuscolo ufficio davanti e tutti noi dovevamo passare da li in fila per andare al dojo.  Le docce erano una barzelletta, all’aperto, fredde, e di solito gocciolanti come un bimbo che vi fa la pipì sulla testa.  Anche i makiwara erano all’aperto, molto sporchi e spesso insanguinati. L’edificio era di proprietà di una società di film, e talvolta dovevamo fermare l’allenamento mentre proiettavano qualcuno dei loro filmati. E’ incredibile come un posto del genere abbia potuto creare un tale spirito e talenti.

(SB)     L’altra figura molto significativa nel sua vita di K. già da allora e ancora oggi è naturamente Hirokazu Kanazawa. Nella sua introduzione a ‘MovingZen”  lui dice  ‘C.W.Nicol ed io ora siamo come fratelli’. Potrebbe prima dirmi di lui come uomo e condividere alcuni bei ricordi che lei ha di lui? 

(CWN)     Quando Kanazawa Sensei ritornò dalle Hawaii, chiese a tutti i suoi studenti stranieri se avevano intenzione di insegnare il K. quando sarebbero tornati nei loro paesi. Io dissi di no, almeno non a tempo pieno, perché avevo un altro lavoro. Quando mi chiese il perchè studiavo K. io risposi che per me era un percorso per la dolcezza. A lui questo piacque, e per molti mesi mi dette lezioni private, di un’ora ciascuna, prima che il dojo aprisse la mattina. Non pretese alcun pagamento, ed è per il suo insegnamento che io riuscii a cavarmela all’esame per shodan.

Kanazawa Sensei ha portato dei suoi studenti dove io vivo a Kurohime per farli lavorare in un ambiente naturale. Abbiamo condiviso il cibo, le chiacchiere e i sogni. Il suo K., naturalmente, era ed è pauroso nel vero senso della parola. Lui è un gentiluomo, con un forte senso dell’umorismo. Io non sono gay, ma amo quell’uomo. Ricordi? O, quanti! Però, uno mi viene in mente: Takagi Sensei ci aveva chiesto di partecipare ad un programma televisivo a Tokyo. Il programma era una specie di gioco a quiz. Quattro stranieri se ne dovevano stare in Karategi davanti a una giuria, e tre di loro avrebbero raccontato delle cose non vere sul loro allenamento. Uno solo sarebbe stato quello sincero….quello ero io. Kanazawa Sensei se ne stava la, e sorrideva.  
Poi lui chiamò un altro karateka, un giovane Americano che si chiamava Gary, e gli disse di attaccare il vero studente, che avrebbe parato. Nessuno della giuria pensò che fossi io. Dopo, Kanazawa Sensei ci portò fuori a pranzo in un ristorante specializzato in cibo per i lottatori di sumo, 'chanko nabe'.

Allora io già me la cavavo col giapponese, e raccontai a Kanazawa Sensei di una grande gaffe che feci quando andai per la prima volta alla Seto house per cena. Io chiesi a qualcuno di passarmi il 'chinko’- che significa “piccolo pene” – mentre volevo dire 'shinko' che significa sottaceti. Questo divertì molto il tipo di Seto. 

(SB)     Potrebbe dirci qualcosa dell’allenamento che lei ha seguito nel corso degli anni con Sensei Kanazawa?

(CWN)     Una delle molte cose che Kanazawa Sensei mi ha insegnato e che mi ha aiutato molto nella mia vita è che tu puoi sconfiggere un altro uomo, ma non devi mai umiliarlo. Non c’è alcun bisogno di provare o di dimostrare che tu sei il vincitore. Lui ha portato una speciale dignità a tutta l’arte e alla via del K.

(SB)     Forse fa anche parte della cultura giapponese, siccome l’orgoglio ha una grande rilevanza in Giappone – perdere la faccia per mano di qualcuno che ti umilia?

(CWN)    Io penso che questo tipo di orgoglio lo si possa trovare nella maggior parte delle culture, ma si può manifestare in molti modi. In Giappone, come nelle culture arabe, mostrare la pianta del piede o usare un piede o una calzatura per attaccare può essere un orribile insulto. La gente delle montagne in Etiopia può sentirsi veramente insultata anche da una pacca amichevole sulla schiena. Io penso che essere in Giappone mi ha reso più reticente a stabilire qualsiasi tipo di contatto fisico con i giapponesi che non conosco.  I modi giapponesi, mischiati alla mia educazione britannica (alzarsi quando una donna o qualcuno più anziano entra in una stanza, togliersi il capello per salutare qualcuno, ecc) sono stati un grande patrimonio con gli orgogliosi guerrieri Amhara della montagna dello Simien, in Etiopia.

(SB)     Sensei Kanazawa mette molta enfasi sulla respirazione nel K., non solo per renderlo efficace, ma anche per la salute e la meditazione. Nel suo K., quale importanza ha la respirazione e quali erano le cose più importanti sulla respirazione per il K. e la salute che le insegnò Sensei Kanazawa?

(CWN)    Non fu Kanazawa Sensei, ma un amico dottore del National Police Hospital di Tokyo che mi disse che se si sparpagliasse l’intera area superficiale dei polmoni di un uomo adulto, coprirebbe un campo da tennis. Quella ovviamente è un’area molto sensibile e reattiva. Nella nostra vita moderna quotidiana noi usiamo solo una piccola parte di questa superficie. Respirare profondamente in una foresta naturale ha un effetto molto terapeutico e può stabilizzare la pressione sanguigna, migliorare il sistema immunitario e ridurre lo stress. Molti sistemi, quali lo yoga per esempio, promuovono questo.

Invece, da Kanazawa Sensei ho imparato i metodi pratici di respirazione profonda, come nel kata che facciamo. Era molto saggio nell’insistere su questo con i suoi studenti, e naturalmente ne abbiamo parlato.

Personalmente mi auguro di vedere molti più allenamenti in ambienti naturali non inquinati, dove la respirazione profonda avrebbe davvero grande effetto.

(SB)     Durante il nostro scambio di corrispondenza per preparare questa intervista, lei ha menzionato Sensei Taiji Kase – che purtroppo non è più tra noi. Può dirci qualcosa di lui, dal momento che fu uno dei suoi istruttori favoriti del vecchio honbu dojo a Yotsuya. Potrebbe ricordare qualche sua esperienza con lui, come lei ha detto: ‘Lui era giovane, in Marina, quando finì la Guerra, e aveva quel modo di fare speciale e unico della Marina, tutto d’acciaio, ma sempre pronto a lanciarti una fune o darti una mano a chiunque annaspasse”  

(CWN)     Sensei Taiji Kase era un insegnante personale e un amico di un altro mio caro amico, Stan Schmidt.  Io l’ho conosciuto solo nel dojo o alle bevute del Karate.  Rimase stupito quando gli dissi che mio padre era  nella Marina (infatti lui combatté i giapponesi nel mare di Giava nella II Guerra Mondiale). Lui fu il primo a raccontarmi dei durevoli buoni rapporti tra la Marina Imperiale e la Royal Navy, durante e anche dopo l’Alleanza anglo-giapponese.  Kase-sensei era molto, molto forte e aveva un controllo superlativo, non solo delle sue tecniche di karate, ma anche dei cuori e delle menti di chi lo circondava. Molto dopo che me ne andai a vivere nel vecchio villaggio di caccia alle balene di Taiji per un anno, per fare una ricerca per un romanzo storico (Harpoon), gli parlai durante un evento da qualche parte e gli dissi che ero solito pensarlo come un orso, ma dopo aver vissuto a Taiji, mi immaginavo che fosse per più della metà una balena.  Taiji, comunque, era famosa per crescere uomini forti e grossi e donne molto belle.  

(SB)     Com’erano le sue lezioni quando lei si allenava con lui, il suo karate sembrava diverso da quello insegnato dagli altri all’ Hombu?

(CWN)     Mi ricordo particolarmente di una lezione che Kase sensei fece con tutte le nuove cinture nere. Passò un’ora facendo il kata Heian shodan, dandoci colpetti, facendoci inciampare, e peggio di tutto, ridendo di noi. Lui ci fece capire realmente che  ‘shodan’ significa ‘primo passo’ e che noi eravamo tutti un manipolo di mocciosi. Non aveva intenzione di permettere che fossimo arroganti.

Ma soprattutto, era sempre vicino e aiutava chi ce la metteva tutta. Non era terribile come Enoeda sensei, ma era uno che si faceva ubbidire. Era un tipo tarchiato, molto potente, e questo lo si poteva percepire e sentire, ma il suo Karate era puro Shotokan.  Come ho già detto, ciascun istruttore era unico, ma tutti seguivano l’impostazione Shotokan.

(Shaun Banfield)    Lei arrivò in Giappone appena 5 anni dopo la morte di  Gichin Funakoshi. Come ne parlavano i suoi studenti quando li incontrò e c’era ancora dispiacere per la sua morte che allora era recente e attuale?

(C.W.Nicol)     Tutti gli istruttori più anziani ricordavano e rispettavano molto, molto profondamente Funakoshi Sensei. Noialtri capivamo che non fu solo un pioniere, ma un grande studioso delle arti marziali.

(SB)     Come sempre, noi apriamo ai lettori sulla rivista online ogni intervista, così che loro possano porre le domande che poi farà l’intervistatore, e abbiamo letteralmente avuto un numero infinito di domande mandate via email. Una di quelle più ricorrenti riguarda ‘Bullet Head’ che lei cita nel suo Moving Zen… può rivelarci chi è ‘Bullet Head’ o preferisce tenerne l’anonimato?

 (CWN)     Lui era uno studente della Takushoku University.  Ho sentito che poi è diventato un istruttore, ma non ho mai saputo il suo nome e non ho mai assolutamente voluto tenerlo anonimo. Se ci incontrassimo adesso ci berremmo insieme una birra e ci scherzeremmo su.

(SB)     Possiamo parlare ora di ‘Moving Zen’?  Questo libro è stato letteralmente innovativo, e il suo impatto si sente ancora oggi su tutti coloro che lo leggono. Può dirci perché decise di scrivere questo libro?

 (CWN)     Quando ero a Winnipeg, in Canada, dove lavoravo per il Freshwater Institute del Fisheries Research Board, ero solito dare una mano al Karate club dell’Università di Manitoba.  Dopo l’allenamento andavamo a farci una birra, e raccontavo a tutti le vecchie storie del passato a Yotsuya.  Fu il mio  kohai al club che mi spinse a scrivere il libro, e ho voluto che fosse la semplice storia di un viaggio dalla cintura bianca alla nera, non mi sarei mai aspettato che diventasse un tale successo internazionale.

(SB)     Il titolo complete del libro natualmente è ‘Zen in movimento – il viaggio di un uomo al cuore del Karate’. Può spiegarci che cosa ha trovato al “cuore” del Karate?

 (CWN)     Il cuore del Karate?  Se posso osare, ed essere letto da così tanti altri karateka, molti dei quali sapranno molte più cose di me, mi avventurerei a dire che il cuore del Karate è il vero Bushido.  Non il Bushido fanatico e spesso brutale, il falso Bushido dell’esercito giapponese prima e durante la II Guerra Mondiale, ma la “via del guerriero”, dove essere vero e sincero era di primaria importanza. Avere il coraggio e la moralità di alzarsi a proteggere le creature che sono più deboli, più vulnerabili, incapaci di proteggersi da sole. Protestare contro il male. Non essere mai un bullo. Rispettare i tuoi sensei e sempai. Essere un amico affidabile dei karateka di tutto il mondo. Sforzarsi di essere qualcuno di cui il tuo insegnante può andare fiero. Avere dignità nella sconfitta , nel dolore e nella malattia. Non smettere mai di studiare.

(SB)     Lei ha detto che aveva temperamento quando era giovane. Quali parti del karate pensa possano aiutare a coltivare il controllo su queste cose?

 (CWN)     Ha! Chiunque perde il controllo imparerà presto in un dojo! Suppongo che scoprire molto velocemente che non erano solo i tipi grandi e grossi che potevano darmele, ma anche quelli piccoli, fu di grande aiuto per ridurre il mio ego, ma tutto faceva parte del crescere e di fronteggiare le conseguenze della violenza incontrollata. Non volevo essere cacciato dal dojo e nemmeno essere espulso dal Giappone.

(SB)     Nel suo libro "Dal tetto dell’Africa" lei descrive un incidente in cui dovette usare il karate per salvare la sua vita (contro due avversari armati). Pensa che il suo allenamento all’Honbu sia stato più "budo" del karate di oggi?

(CWN)    Questo non lo so e non voglio generalizzare. Però, quando ci veniva insegnato il kata ci insegnavano le applicazioni delle tecniche. Ogni gesto può avere molte applicazioni. Age uke, per esempio è innanzitutto una parata, ma può essere anche un attacco letale per spezzare un braccio o, da vicino, un collo.

  

(SB)     Lei seguì Sensei Kanazawa unendosi alla SKIF quando lui se ne andò (dalla JKA ndt)? Può dirci cosa ricorda di quei tempi?

(CWN)     Io seguirei Kanazawa Sensei in capo al mondo, ma non ho mai rotto i legami con la JKA. Posso mantenere questa posizione perchè non ho un mio dojo per affiliare e allenare studenti. Mi piacerebbe che tutti i rami dell’albero di Funakoshi Gichin potessero essere uniti da qualche parte alle radici. Chi può farlo?

(SB)     Pensa che questo sarà mai possibile?

 (CWN)     Molto onestamente, ne dubito, ma se succederà, partirà dai leader fuori del Giappone.

(SB)     Dico il giusto se affermo che lei è ancora un membro della SKIF di Kanazawa Sensei ?

 (CWN)     Si.

 (SB)     La sua esperienza, come l’ha raccontata in Moving Zen, è ben nota. Vorrei parlare ora della sua vita dopo Moving Zen. Può darci un resoconto di cosa le ha riservato la vita negli anni immediatamente successivi a quelli raccontati nel libro?

(CWN)     Alcuni mesi dopo che ottenni il shodan, ritornai in Canada per lavorare come tecnico dei mammiferi marini alla Stazione Biologica dell’Artico, del Fisheries Research Board del Canada, a Montreal.  Mi aspettavo di essere mandato nell’Artico, ma invece mi mandarono all’Isola di Vancouver, Coal Harbour, per imparare a prendere le misurazioni e campioni biologici dalla grandi balene. I giapponesi avevano una spedizione sulle balene con un’azienda canadese. Dopo un mese  là, mi mandarono in Nuova Scozia, dove un’azienda norvegese-canadese cacciava pinne di balena. Quando non ero sul campo, o insegnavo in alcuni corsi per principianti in una scuola di  Ste. Anne de Bellevue, o venivo in città ad allenarmi con Ari Anastasiadis.

Dopo un paio d’anni di queste cose, sono tornato a viaggiare con gli Inuit e a studiare lo foche nell’Artico. Poi sono stato assunto da Haille Selassie per diventare il primo guardiacaccia del nuovo parco nazionale nelle Montagne del Simien.

Dopo che la situazione in Etiopia incominciò a portare al caos e a un brutale stato militare marxista, ritornai in Giappone per un paio d’anni. Questa volta studiai il giapponese e la pesca, oltre a frequentare i dojo tutte le volte che riuscivo a farlo.

Due anni più tardi fui impiegato dal Freshwater Institute di Winnipeg, come tecnico esperto in studi sul campo nell’Artico occidentale, principalmente su una possibile conduttura. Fu a quel tempo che mi allenai con alcune persone che arrivavano dal Karate club dell’ Università di Manitoba.

Fui promosso a Ufficiale per l’Emergenza del Servizio per la Protezione Ambientale, a Vancouver.  Là mi allenai con Narumi Sensei.

Nel 1974 mi assecondarono per essere l’Assistant Manager dello stand canadese all’International Ocean Expo a Okinawa.  La mia prima volta nella roccaforte del Karate! Quando avevo del tempo libero potevo andare a fare immersioni, o pescare, o viaggiare per visitare i dojo in giro per l’isola principale.

Nel 1978 ho dato le dimissioni e ho lasciato il Canada per ritornare in Giappone, ho vissuto per un anno nell’antico villaggio di pescatori di balene di Taiji ,  poi sono stato invitato a navigare nell’Artico come osservatore non pagato sulla flotta per la pesca delle  balene. Scrissi il mio romanzo storico ‘Harpoon’ sul mare, e fu quel romanzo che mi ha veramente lanciato nella carriera di scrittore. Da allora il Giappone è stato la mia base e la mia casa.

(SB)     Quanto è stato importante, nella prospettiva del karate, il suo viaggio a Okinawa? Cosa ha imparato del karate di Okinawa e sulla storia del karate?

(CWN)    Siamo tutti in verità discepoli di Funakoshi Gichin, un Okinawense, e lei ha già scritto eccellenti articoli sul Karate di Okinawa. Negli ultimi 25 anni tuttavia, andando a Okinawa almeno una volta l’anno, sono rimasto affascinato dal modo in cui le arti marziali sono state intrecciate nell’arazzo della danza tradizionale. Era considerato un modo di praticare l’arte proibita, dissimulato nella danza. Più di recente ho incontrato un vero  maestro di ‘Ti’ o ‘Te’. Lui è un tipo piccolo e tarchiato sulla sessantina d’anni, ma tanto micidiale. Lui è anche un solitario, e diffidente dei media, perciò per favore non chieda altro, il suo nome o altre cose. Mi lasci solo dire che lui vive a Naha e fa i tre banjo ‘sanshin’ tradizionali a corda. Ci sono dojo di arti marziali sparsi in tutta Okinawa, e la gente è molto socievole. E’ un posto, secondo me, che vale un pellegrinaggio. Il miglior modo di farlo, per essere accettati, è viaggiare da soli con il vostro karategi. Se andate in una scuola diversa dalla vostra, e vi consentono di praticare, chiedete sempre all’insegnante se può prestarvi una cintura bianca. Questa è l’etichetta. Lui sarà probabilmente contento, magari un pò confuso, ma probabilmente vi dirà di indossare la vostra cintura nera, se è questo che siete. Ogni scuola di arti marziali a Okinawa è fermamente convinta di essere la migliore. Non provate a scuotere quella barca, anche se pensate che voi siete meglio.

(SB)     Mi sembra che lei abbia vissuto una vita molto esaltante al di fuori del karate. Con una vita così piena, cosa ha mantenuto il suo interesse ad allenarsi?

 (CWN)     Si può praticare il kihon e il kata ovunque voi siate, ma per me è sempre stato più facile farlo dove nessuno stava a guardare, per esempio in qualche posto selvaggio. Io onestamente ho trovato che dopo un lungo viaggio in una barca o in un kayak, trascinando in giro dell’attrezzatura pesante per preparare il campo, facendo tutti i movimenti del preparare il te e un pasto, poi è veramente rilassante ripassare un paio di kata, prima lentamente e gradatamente accelerando.  Magari non è un vero e proprio allenamento, ma ti toglie tutti i nodi dal corpo e ti aiuta ad andare a dormire. In un campo base è facile preparare un makiwara con un palo interrato e un pò di imbottitura, o riempire una piccolo borsa con qualcosa e appenderla. Per molti anni avevo una borsa di tela, circa le dimensioni di una testa col collo, piena di riso. Il riso era una razione d’emergenza per i lunghi viaggi. Sono stato in quindici spedizioni artiche, la più corte di tre mesi la più lunga di diciannove. Persino andando a sud nell’Antartico su una nave per cacciare le balene sono riuscito a trovare un angolo da qualche parte per fare dei kata che non prendevano un grande spazio. Per esempio Tekki Shodan. Confessò però di essere stato molto pigro nelle camere d’albergo.

(SB)     Parlando dell’allenamento al Makiwara, lei l’ha definito un “combattimento profondamente personale”. E’ ancora la sua sensazione e affronta ancora oggi questo avversario?

 (CWN)     Ora uso un grosso sacco piuttosto che un makiwara molto rigido, perché mi sto avvicinando ai settant’anni, e non penso che colpire continuamente faccia bene alle ossa quando diventano più vecchie. Io viaggio molto, e ora mi alleno solo quando so che posso stare in un posto per almeno due settimane. Altrimenti potrei facilmente farmi male, il che intralcerebbe il mio lavoro. Ho trovato che l’allenamento con il sai è d’aiuto, ma di questo poi parliamo.

 (SB)     Ci sono delle sue belle fotografie mentre pratica con armi giapponesi come il sai – e vederle mia ha fatto pensare ad alcune delle splendide fotografie che avevo visto di Sensei Kanazawa mentre eseguiva un kata col Sai. La pratica con queste armi, almeno in occidente, è stato in gran parte ignorato. Qual pensa sia il valore di praticare con quelle armi?

(CWN)    Io pratico specialmente con il sai e il bo. L’allenamento con I sai mantiene la mente e I muscoli concentrate. Se si perde il controllo si rischia di ferirsi. Ne ho discusso con  Kanazawa Sensei, che ha fatto un sacco di studi a Okinawa, e lui è d’accordo con me che il sai è un attrezzo eccellente. Rivedrò il nostro kata di base usando il sai, poi poserò il sai e rifarò il kata. Trovo una maggiore concentrazione e potenza facendo questo. L’acciaio del sai diventa parte della tua stessa psiche, anche se non lo porti in giro con te. Ricordi che erano il sai e il bo che costituivano le principali armi dei guerrieri delle Ryukyu, che non portavano più la psada, e loro spesso dovevano usarle contro le spade degli occupanti giapponesi.

Quando sono nella boscaglia, io porto sempre qualche tipo di bastone. Un insegnate okinawense mi disse che portare un bastone, imparare ad usarlo come un’estensione del proprio corpo, toglie dieci anni della tua età. Si imaparano maggiore equilibrio, potenza e distanza con un bo (bastone).  Io non vorrei mai usare il sai in un vero contrasto con un altro uomo, diverso da me stesso ovviamente, ma se uno degli yakuza che mi suona  nel cuore della notte minacciando di fare del male a me e alla mia famiglia, mi capita a tiro, allora si, mi piacerebbe prendere il bo se loro fossero con un’arma, dagli un colpo sugli stinchi o un pugno sulle costole (io faccio una campagna contro gli yakuza coinvolti nel traffico di rifiuti tossici nelle aree degli spartiacque boscosi. Loro possono essere delle persone molto cattive, cui piace fare i prepotenti e minacciare i contadini più anziani) .  So che non è un sentimento buono, e non degno di un karateka anziano, ma sono umano, e molto protettivo verso la mia famiglia, e venuto a considerare il Karate come l’art della mano aperta piuttosto che di quella vuota. Ma non voglio divagare.

(SB)     Sono affascinato di imparare qualcosa di più su questo, come nella domanda precedente le ho chiesto cosa ha trovato ci fosse al ‘cuore’ del karate e lei ha detto ‘Avereil coraggio e la moralità di alzarsi e proteggere quelle creature che son più deboli, più vulnerabili, incapaci di proteggesi da sole. Denunciare apertamente il male  …’ Il suo lavoro contro gli Yakuza fa esattamente questo, alzarsi per quello che è giusto per proteggere coloro che non sanno proteggersi da soli. Gli Yakuza sono un grosso problema di Giappone? So che è un po’ fuori dal tema, ma mi interesserebbe sapere di più di cosa combinano e le sue esperienze con loro.

(CWN)     Gli yakuza del passato si reputava che fossero giusti e che proteggessero gli innocenti. Però, ora loro ( e altre bande asiatiche) sono profondamente coinvolti nella droga e nel traffico di rifiuti tossici. Solo nella nostra area abbiamo più di 40 discariche illegali. Nella prefettura di Nagano più di 2000. questo inquina sia l’atmosfera sia l’acqua. E inquina anche il vero spirito del Giappone, perché questo genera incredibili quantità di fondi invisibili o foschi che possono corrompere o comprare avvocati, funzionari e persone comuni. Gli yakuza sono molto pericolosi e io non li sottovaluto. A un mio amico, uno scienziato che combatte contro questo inquinamento hanno minacciato di rapire la figlia. Loro mi hanno minacciato, ma vedete, io ho una grande visibilità pubblica. Non sarebbe saggio per loro sollevare clamore, però io vivo in una zona lontana, e di notte sono quasi sempre da solo. Se vengo ucciso in modo violento sarà molto probabilmente un atto collegato agli yakuza. Quello è l’unico modo in cui possono zittirmi. Corrompere  funzionari o politici non ha possibilità di successo nel cercare di cacciarmi dal paese, perché io sono un cittadino giapponese.

Però loro hanno anche un dito grosso, spesso, lungo e appiccicoso nella torta dei mass-media,  e I loro media tirapiedi sono molto esperti nell’assassinio di personaggi. Questo male ha sollevato la testa un paio di volta, ma fino ad ora  l’abbiamo affrontato con schietta onestà. Be, la polizia ha indagato su di me in modo molto approfondito prima che prendessi la cittadinanza, e , come ho detto, membri della famiglia imperiale visitano la mia casa e i paraggi. Se fossi anche solo un poco corrotto, questo non succederebbe.

(SB)     Non avevo idea che fossero così influenti,  la loro influenza direbbe che è in crescita o la polizia è stata efficace a impedire le loro attività?

(CWN)     Gli yakuza sono ancora molto potenti, e come la Mafia o comunque si chiami, si sono allargati in tutte le cose che sembrano legittime. Costruzioni, campi da golf, e così via. Una delle nostre aziende locali di trattamento dei rifiuti è una filiale diretta degli yakuza, e non ho paura a dire questo, e lei è abbastanza lontano da essere al sicuro. Se la polizia li inchiodasse, poi l’azienda di trattamento dei rifiuti farebbe bancarotta e poi rispunterebbe poco dopo con un altro nome. L’attuale governatore della prefettura di Chiba mi ha detto una volta che la polizia fece una investigazione sotto copertura nel business dei rifiuti tossici. Le somme di denaro erano così grandi da poter finanziare il bilancio nazionale di un piccolo stato. Il funzionario a capo  non fu in grado di fare nulla, perché il denaro aveva comprato o minacciato tutto e tutti. Lui si ritirò dalla polizia e ora vive in solitudine nella natura a Hokkaido. Mi può credere in questo, sono stato consulente di tre ex primi ministri del Giappone. Quando si tratta di rifiuti tossici, la mia risposta è che dovrebbe essere tutto aperto, e ci si dovrebbe mettere dei soldi, con le persone che ci lavorano ben pagate e con un’assicurazione sanitaria e così via. E’ molto ingiusto legittimare imprese del trattamento dei rifiuti in cui le imprese degli yakuza possono prendere scorciatoie e fare ampi profitti.

(SB)     Lei ovviamente è un appassionato ambientalista? Lo è sempre stato e cosa l’ha spinta a lavorare così duramente per l’ambiente?

 (CWN)     Amavo gli animali e la natura fin da piccolo. Ho sempre voluto lavorare nel campo della tutela dell’ambiente, nella ricerca e nella cultura della natura. È molto ovvio che le cose della natura selvaggia hanno bisogno di protezione. Per me, studiare le arti marziali ha aiutato. Non avrei potuto fare quello che ho fatto, per esempio, per fondare il Parco Nazionale delle montagne dello Simien in Etiopia, per esempio, senza il Karate e la condizione mentale cui mi ha portato. Per esempio, anche se io ero armato con una pistola Walther PPK e un fucile, non li ho mai usati per fare un arresto, anche quando l’altra persona era armata.

(SB)     Mi sembra che lei abbia viaggiato molto per il suo lavoro. Viaggia ancora adesso? Ha mai cercato di praticare un pò di karate nei paesi che ha visitato per lavoro?

 (CWN)     Quando è possible, e se non lavoro fuori, posso sempre guardare e parlare con altri praticanti le arti marziali ovunque loro siano. Fatemi raccontare questa storia. Stavo facendo un documentario nello Zaire, e stavamo filmando il grande vulcano del Niiragongo.  Una sera stavamo percorrendo una strada polverosa al di fuori di Goma quando individuai venti ragazzi africani che facevano una versione di Heian Nidan.  Nessuno di loro aveva il karategi, e il loro istruttore avrebbe potuto essere forse a livello di 3o kyu.  Dissi all’autista di fermare, saltai fuori, arrivai dov’era l’istruttore, mi levai il berretto scadente, mi inchinai, e mi misi a fare anch’io il kata. L’istruttore mi chiese dove avevo imparato, e quando dissi “Giappone” i ragazzi si entusiasmarono e mi chiesero di insegnargli, cosa che io feci. Avevo degli abiti e stivali da lavoro, la carnagione rubiconda, occhi azzurri e barba. Loro erano tutti africani, e inizialmente diffidenti dei caucasici. L’autista e il direttore mi chiesero di andare, ma io dissi loro andate, posso tornare a piedi. Mi dissero che poteva essere pericoloso, e io risposi  “Non con tutti questi ragazzi con  me.” Gli insegnai per un’ora, fino a quando venne il buio, e poi tornammo a piedi tutti a Goma, ridendo e scherzando come vecchi amici. Il Karate può aprire porte come questa.

(SB)     Lei ha detto che ‘In Giappone, il karate è seguito come si segue una religione. Gli studenti possono solo seguire una via, non possono girare l’interruttore e cambiare…non è la via del Karate.’  Pensa che siano cambiate le cose in Giappone in tutto il tempo che lei è stato là e lei pensa che questa mentalità sia una mentalità salutare per l’educazione per l’Arte Marziale di un karateka?

 (CWN)     Questo è il modo in cui mi è stato insegnato. Però penso che man mano che si diventa più sicuri nella propria arte, si può mostrare interesse nelle altre. Kanazawa Sensei pratica con passione il Tai Chi, per esempio.  Il Giappone è cambiato?  Oh, tantissimo. Non sono completamente sicuro che porre così tanta enfasi nello sport Karate sia stato un bene. Tuttavia, lo spirito del Karate, se posso usare questo concetto, è ancora molto vivo, e dobbiamo ringraziare agli enormi sforzi di tutti i grandi maestri che sono andati in giro per il mondo, e ai grandi studenti cui hanno insegnato.

(SB)     La relazione Kohai – Sempai in Giappone ha un grande significato, ma non è molto seguita in occidente. Quali pensa che siano gli aspetti più importanti di questa relazione e pensa che dovrebbe essere posta più enfasi su di essa qui in occidente?

 (CWN)     Si molto, il legame kohai-sempai è importante, specialmente in una arte potenzialmente letale come il Karate.  Esso insegna il mutuo rispetto e fiducia, una fiducia che va oltre il proprio stato sociale, l’istruzione o quant’altro. Si impara il rispetto e la fiducia vis-a-vis, e se sono buoni, dura tutta la vita. Per quanto riguarda questa relazione in occidente, penso che faccia bene nel karateka veramente sincero. Non deve essere una specie di sistema scolastico basato sull’anzianità; perché questo può portare al bullismo…che, ad ogni modo, non è sconosciuto in Giappone. Io posso essere più grosso e più famoso di  Seto sempai, ma lui sarà sempre il mio sempai e mi inchinerò sempre a lui per primo, dentro o fuori dal dojo.

(SB)     Lei ha citato il detto giapponese ‘Quando un chiodo sporge, battilo dentro!’ Potrebbe chiarire ai lettori il significato di questo detto, e dirci se pensa che sia ancora un metodo accettato per far crescere uno studente, dal momento che molti occidentali non avrebbero la forte determinazione di sopportarlo e andare avanti. Forse è il risultato dello stile di vita molle che c’è in occidente e dell’enfasi sull’incentivo positivo. Cosa ne pensa?

(CWN)     Colpire violentemente il chiodo che sporge è molto tradizionale nella formazione giapponese. E’ inteso a prevenire l’arroganza. A scuola suppongo scoraggi i “prediletti del professore”. In un buon dojo significa che nonostante ci sia la relazione tra kohai e sempai, e il rispetto e l’obbedienza che si mostra al sensei, non ci sono bulli arroganti o aspiranti eroi. Però, nel sistema educativo giapponese, specialmente quando si tratta di studenti della scuola superiore, e dell’università, diventa particolarmente difficile per un insegnante farsi capire dagli studenti perché diventano riluttanti a rispondere o reagire.

Io penso che dipenda molto dalla qualità dell’insegnante e dal suo rapporto con gli studenti.

In Giappone, abbiamo ancora dei casi molto brutti di grave bullismo tra ragazzi, che io disdegno. E se sei un chiodo che sporge, prendila con calma, e cerca di rafforzarti per la batosta, e riconoscerai presto la differenza tra il bullismo e cercare di fare di te un karateka migliore.

(SB)     Ora naturalmente lei è un cittadino giapponese dal 1995 vero? Perchè è rimasto e non è tornato in UK se posso chiedereglielo?

(CWN)     Si, sono  un cittadino giapponese. Ho vissuto più a lungo in Giappone che in qualsiasi altro paese, e la cittadinanza permette sia possedere terreno agricolo, sia di mostrare impegno verso il paese che ti nutre e ti protegge. Per costituire una associazione per la protezione dei terreni boschivi era necessario avere la cittadinanza. Sono orgoglioso sia di essere cittadino giapponese sia di essere gallese. Un gallese giapponese. Come paese dall’ambiente naturale, è sbalorditivo. Per esempio, più del 70% della prefettura di nagano è ricoperta di foreste, in cui ci sono orsi, cinghiali selvatici, scimmie, cervi e tante altre creature. Se non si include l’ Alaska, il Giappone ha coste più lunghe che gli Stati Uniti. Abbiamo mar ghiacciato al nord, mare corallino al sud. Guardo fuori della finestra di questo studio e vedo il monte  Kurohime...la Principessa Nera...un vulcano inattivo, rimboschito sulla cima, e alto il doppio di Ben Nevis. Hai libertà di parola, libertà di movimento e libertà di religione. Puoi essere di qualunque credo tu voglia nessuno di giudicherà e ti attaccherà per quello.

Mi creda, le forze armate giapponesi sono molto capaci di difendere il paese, ma il Giappone ha giurato sulla pace dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Io sono un seguace delle arti marziali, ma come la maggior parte di voi, ne sono sicuro, disprezzo la Guerra.

Per quanto riguarda la mia vita qui, sto bene e sono felice. Mi è stato chiesto di candidarmi per il Parlamento (non lo farò). Considero semplici contadini, membri della famiglia imperiale, famosi scrittori, attori, politici e gente di tutti i lavori della vita come amici veri e affidabili. Abbiamo curato il ritorno di 22 specie di creature selvatiche in pericolo e di piante alle loro aree, e ne sono orgoglioso. Quindici anni fa ho aiutato a fondare una scuola che insegna ai giovani a lavorare nei settori natura, tutela dell’ambiente, ricerca ed ecoturismo. Ne diplomiamo circa 80 all’anno. Veramente, il Giappone è un paese bello e vario se andate fuori dalle grandi città.

Da quando abbiamo 'gemellato'  i nostri boschi con l’Afan Argoed Forest Park nel Galles devo tornare in Gran Bretagna una volta l’anno e mi piace, specie la campagna, l’umore e i pub.

Non mi piace quello che sta succedendo a troppi bambini e giovani nelle grandi città in Gran Bretagna, e odio la tensione tra seguaci dell’Islam e il resto della popolazione. Anche il teppismo nel calcio mi sconvolge. Io disdegno le persone che non amino il loro paese. Spero, si, e persino prego, che I veri karateka di tutte le fedi, razze, convinzioni e inclinazioni possano fare qualcosa per rimediare a questa tensione e odio.      

E per questo vecchio karateka gallese-giapponese, è stato un momento di grande orgoglio davvero quando il Principe di Galles venne a visitare i nostri boschi il 30 ottobre 2008!

 (SB)     Lei ha parlato del ‘Rituale del kata’. Può spiegarci meglio cosa intende con il termine ‘rituale’ e come questo ‘rituale’ ha un effetto sul miglioramento di un karateka? Dico il gisto se ritengo che lei considerail kata come un atto sia spirituale sia fisico?

 (CWN)     Assolutamente si!  Takagi Sensei era quello che disse che 'il Karate e zen in movimento' – e lui intendeva lo stato di vuoto mentale che si può raggiungere attraverso la pratica del kata. Se lo provi, lo sai; non può essere descritto adeguatamente, almeno non da me, alle persone che non praticano il kata adeguatamente. Tutti I più grandi insegnanti di arti marziali ci hanno detto questo, nel corso degli anni,

(SB)     Qual è il suo kata preferito e perchè?

(CWN)     Il kata preferito?  Di solito era Kanku Dai, ma adesso che sono più vecchio e mi alleno quasi sempre da solo, sono venuto alla considerazione che i kata di base hanno veramente significato e bellezza, e si può continuare a praticarli anche se le articolazioni delle ginocchia cominciano a scricchiolare.

 (SB)     In ‘Moving Zen’, lei previde esattamente che ‘il Karate come sport si sta sviluppando velocemente, e finirà per avere distinzioni per peso, riprese…’  Riuscì a prevedere quelle cose già allora, e cosa ne pensa dello sport karate e dei suoi effetti sul karate “tradizionale”?

(CWN)     Si, lo predissi, avendo visto cosa era successo nel Judo. Ora penso che lo 'sport Karate' e il ' classical Karate' siano molto differenti. Io rispetto entrambi, ma amo la forma più antica e, penso, più pura.

 (SB)     Quanto direbbe sia stato grande l’impatto dello sport Karate WKF in Giappone dato che i campionati del mondo WKF si sono tenuti a Tokyo nel Novembre 2008?

 (CWN)     Non vado più a vedere campionati. Probabilmente sono necessari in questo mondo moderno dominato dal battage pubblicitario, ma ho scarso interesse per loro.

 (SB)     Prima ha ricordato che il suo allenamento consiste principalmente di allenamento personale da solo. In cosa consiste il suo programma di allenamento e su cosa lavora principalmente ora, a quasi 70 anni?

(CWN)     Semplici esercizi di riscaldamento. Pratica lenta e regolare dei kata di base. uso dei pesi alle caviglie per il sollevamento delle gambe e i calci. Sacco per pugni, colpi e calci. Sai. Un po di pesi leggeri con le macchine. Respirazione profonda.

Adesso che me l’hai chiesto, mascalzone di un Shaun, dovò veramente cercare di farlo tutti I giorni che posso l’anno prossimo! E’ molto più semplice camminare nei boschi e agitare un bastone mentre nessuno ti guarda!

(SB)     Riesce ancora il tempo per andare a trovare Sensei Kanazawa, sia per il karate sia in veste personale?

(CWN)     Oh cavoli, questa è una domanda che brucia! Siamo tutti e due molto indaffarati e viaggiamo molto, lui persino più di me, ma nel mio cuore devo sempre poter trovare il tempo da passare con lui. La prego però di considerare che io non vivo a Tokyo.

(SB)     Per finire, ha qualche consiglio da dare ai karateka di tutto il mondo, che vogliano seguire la “via” con la sua stessa dedizione?

(CWN)     Non possiamo essere tutti campioni. Tutti diventiamo vecchi.  Se vi siete ammalati, o stressati, o siete ingrassati, il vostro cuore si è indebolito, avete le ginocchia che scricchiolano o qualsiasi altra cosa, il Karate offre sempre una via di ritorno. Potete fare del kihon molto lentamente, fare i kata più semplici col ritmo che preferite. Cercate sempre di concentrarvi con la mente, anche se il vostro corpo si è indebolito. Forza e fiducia ritorneranno.

(SB)     Qualche pensiero finale che ho dimenticato di chiederle che vorrebbe menzionare?

(CWN)     Il Karate è l’equilibrio nella mia vita, e mia ha procurator amicizie in tutto il mondo. Sono profondamente grato a tutti voi che fate parte di questo. Dovremmo tutti sforzarci di essere guerrieri per la pace e la tolleranza.

 (SB)     I Penso che sia sentimento perfetto per tutti I karateka di tutto il mondo, “Guerrieri di pace”. Pensa di ritornare nel Galles a breve? Se si, la prego di mandarmi una email e farmelo sapere così vengo e le posso offrire una birra!!!

 (CWN)     Io ora vado a visitare il Parco della foresta di Afan Argoed ogni anno. Come, una sola birra?

 (SB)     Possiamo ringraziarla molto per questa opportunità. Vorremmo augurarle ogni successo e felicità per il futuro!

 (CWN)     Prego Shaun,  Osss! 

 

 

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